Alcune riflessioni sullo
sviluppo sostenibile oggi…
Da Silent spring di Rachel
Carson nel 1962, passando attraverso al rapporto Bruntland (1987) che definisce
in maniera semplice ma efficace il significato di sviluppo sostenibile, al
Summit più importante, quello di Rio nel 1992, per arrivare al grande tema dei
cambiamenti climatici, l’ambientalismo scientifico ha subito un evoluzione
importante. Da fenomeno di denuncia ad
unica possibilità per un nuovo sviluppo dell’umanità. Ambiente come il
principale bene comune da preservare ma anche grande opportunità per le nuove
generazioni di affrontare il futuro con ottimismo. Rio (1992) è stato il summit
più importante perché qui viene lanciata Agenda 21, si impostano le prime
politiche a tutela della biodiversità , si inizia a parlare di cambiamenti
climatici. Viene declinato in tutti i suoi aspetti il tema della sostenibilità
come unica alternativa alla crescita basata sul consumo delle risorse
finite.
Patto inter e
intragenerazionale, osmosi fra paesi sviluppati e non, responsabilità condivisa
stanno alla base dei tre pilastri della sostenibilità: economia, ambiente e
sociale. La dichiarazione di Rio rimane una pietra miliare della sostenibilità.
27 punti che mettono al centro l’uomo, che presuppongono l’eliminazione delle
povertà come condicio sine qua non
per raggiungere lo sviluppo. Un approccio che presuppone una forte
interdisciplinarietà, una fusione di saperi troppo spesso separati che non
possono affrontare i problemi posti da una società sempre più complessa. D’altronde,
nella stessa definizione di capitale naturale, parametro basilare insieme al
lavoro e al capitale prodotto dall’uomo della sostenibilità, troviamo non solo
i sistemi naturali ma anche ad esempio il patrimonio artistico culturale.
Accanto al sapere in senso
tradizionale occorre affiancare altri temi primo fra tutti la grande richiesta
di partecipazione dei cittadini nelle forme e nei modi più disparati. Non
esiste sostenibilità senza condivisione dei processi Tanto più in un momento di
crisi, una crisi economica ma anche di valori che colpisce soprattutto le democrazie
del mondo occidentale. In queste società oggi il sentimento più comune è la paura. La paura è il più potente nemico della ragione. Paura e
ragione sono entrambe essenziali per la sopravvivenza dell’essere umano, ma la
relazione che li lega è asimmetrica: la ragione talvolta può dissipare la
paura, ma la paura spesso spazza via la ragione” Al Gore. (2007) . Questo porta una società a chiudersi, ad
andare, come dice Tiezzi (1999), parlando di termodinamica, verso la morte
termica. “Un paese, una nazione, un sistema che fa del proprio isolamento, del
rifiuto della contaminazione culturale, dello stare su posizioni
fondamentaliste e di conservazione, un dogma politico è destinato
all’autodistruzione. La difesa eccessiva della propria diversità, vedi lo
sviluppo di movimenti politici identitari e secessionisti o la perdita delle
diversità, vedi la globalizzazione selvaggia e l’affermarsi di un pensiero unico
sono due aspetti dice Tiezzi della stessa stupidaggine termodinamica che porta
all’autodistruzione sociale.
Il
mondo accademico quindi è chiamato a svolgere un ruolo fondamentale nella
società proprio per aiutare a dissipare la paura ed affrontare il futuro con
ottimismo. Sempre di più i cittadini vogliono essere partecipi del proprio
destino, sempre di più cercano risposte rassicuranti, sempre più sono
preoccupati per la loro salute e per quella dei loro figli. Dobbiamo trovare un
nuovo modo per dare vita ad un confronto sincero e non manipolativo sul nostro
futuro. Per esempio, dobbiamo smettere di tollerare il rifiuto e l’uso distorto
del sapere scientifico. Dobbiamo insistere affinché si smetta di fare un uso cinico di ricerche
pseudoscientifiche evidentemente falsificate allo scopo esplicito di confondere il pubblico nel tentativo
di discernere la verità, come sottolinea sempre Al Gore (2007). In questo
percorso occorre un impegno del mondo universitario e della ricerca più
puntuale, uno sforzo per mettersi al servizio delle proprie comunità. E’
indispensabile che i decisori politici a tutti i livelli svolgano quel ruolo di
coordinamento dei vari portatori di interesse necessario per poter affrontare le
complessità tipiche della nostra società. E’ una sfida possibile, decisiva! Se
da un lato avremo sempre di più necessità di sviluppare il campo delle scienze
cosiddette dure, riversando sull’innovazione tecnologica questo lavoro,
dall’altro, se vogliamo che la sostenibilità sia un processo vincente diventa sempre
più fondamentale incrementare l’apporto
di discipline più legate alle scienze sociali, alle scienze politiche,
alla psicologia alla sociologia che consentano di rinforzare la partecipazione
delle comunità ai processi di trasformazione.
Abbiamo
bisogno di una nuova cultura della responsabilità e della sostenibilità cosi
come riportato da Dondi (2011). Dove per Cultura della
Responsabilità si intende quella condizione nella quale la Società nel
suo insieme si comporta con responsabilità e prende iniziative concrete per far
fronte ai problemi presenti e futuri. In questo senso possiamo distinguerla dal
“Senso di Responsabilità” che riguarda piuttosto i singoli individui.
“Responsabilità” significa poi capacità di “rispondere”, il che comporta anche una capacità di “ascoltare” e quindi un’attenzione
costante rivolta ai problemi.
Per Cultura della
Sostenibilità si intende una fase più avanzata rispetto alla Cultura
della Responsabilità, che consiste in un nuovo paradigma di organizzazione
della società e di comportamento dei singoli individui in cui le esigenze
sociali, ambientali ed economiche sono contemporaneamente soddisfatte. Dalla
compatibilità economica e sociale, si genera un sistema equo; da quella ambientale ed economica si genera una condizione
realizzabile, da quella sociale
ed ambientale si genera una condizione vivibile:
la contemporanea realizzazione di queste tre condizioni genera un sistema “sostenibile”. Alcuni aggiungono altri
sottoinsiemi ma, la sostanza non cambia significativamente. E ancora importante
è la nascita in questi anni di una “Scienza” della Sostenibilità il cui oggetto
di studio è l’interazione tra sistemi
naturali e sistemi sociali. La sostenibilità riguarda molti settori,
quali quelli dell’organizzazione della vita collettiva, della produzione ed
utilizzazione dei beni, della comunicazione .
E ancora sempre per citare Al Gore (2007) diventa importante l’informazione. “ Una cittadinanza ben interconnessa è formata da uomini e donne
che discutono e dibattono idee e progetti , verificando continuamente la
validità delle informazioni e delle impressioni ricevute gli uni dagli altri,
al pari di quelle ricevute dal proprio governo. Nessuna cittadinanza può essere
ben informata senza un flusso costante di oneste informazioni e senza la
possibilità di partecipare a pieno titolo alla discussione delle scelte che la
società deve compiere”