09/01/12

Guardia alta contro le mafie: dichiarazione di Monari (PDER)

Ripartire dalla sollecitazione lanciata dal Procuratore capo Roberto Alfonso è fondamentale, se si vuole inquadrare nella giusta ottica il rischio-mafie in questa regione. «Serve una consapevolezza della collettività ha affermato il dottor Alfonso commentando il dossier di Libera  Ognuno deve fare la propria parte: la politica, gli imprenditori, il mondo della giustizia».
I numeri presentati, d’altronde, non lasciano adito a dubbi: 2 mila esercizi costretti a pagare il pizzo, 8 mila vittime dell’usura, 3 mila operazioni sospette lungo la via Emilia.
Il rischio che mafia, camorra, ‘ndrangheta e sacra corona unita penetrino in Emilia-Romagna è molto più di un sospetto. Se n’è accorta la politica – basti citare le leggi regionali contro l’infiltrazione dei clan nell’edilizia e nel sistema degli appalti approvata recentemente dall’Assemblea Legislativa in via Aldo Moro, o la nostra richiesta come Consiglieri del PD di applicare il Protocollo di legalità anche agli appalti sotto soglia (250mila euro) e di istituire un nuovo presidio della Dia – la società civile si è mossa, come certificano le iniziative di Libera. Ma anche la piena condivisione del ministro Cancellieri. Del lavoro della magistratura leggiamo ogni settimana sugli organi di informazione. Eppure io credo che tutto ciò ancora non basti. Il recente arresto di Michele Zagaria, la crisi economica che rende famiglie e imprese più permeabili alle lusinghe dei capitali illegali, la storica presenza nel territorio regionale di uno Stato di fatto estero quale San Marino, a lungo utilizzato in passato come porto franco da evasori fiscali e gruppi abituati a cercare scorciatoie per realizzare guadagni facili, sono elementi coerenti: e proprio partendo da queste tre questioni le cronache negli ultimi tempi hanno scoperchiato una realtà sconosciuta a molti. Se è vero che la mafia al nord oggi non spara più, almeno nella stragrande maggioranza dei casi, che ricicla denaro sporco e per farlo utilizza i colletti bianchi, che si giova delle conseguenze della recessione per penetrare nel tessuto economico dapprima con l’usura, poi impossessandosi delle imprese in difficoltà; ebbene a mio modesto parere la pur doverosa opera di politica, magistratura e forze dell’ordine, società civile, in questo contesto non esaurisce il ventaglio delle risposte che si devono mettere in atto. C’è bisogno  come dichiara don Ciotti  di etica nelle professioni, a tutti i livelli, di un supplemento di impegno civico, oltre che civile, in quegli snodi del mondo economico e finanziario in cui una segnalazione in più agli organi di competenza può risultare decisiva. Faccio un solo esempio, parziale ma non per questo irrilevante; il momento, cioè l’atto, riguardante la compravendita: com’ è possibile che da anni a Bologna e non solo ci si sia quasi abituati a sentir raccontare che appartamenti e negozi passano di mano con pagamenti per centinaia di migliaia di euro in contanti (con valigie piene di soldi)? Leggendo numerosi testi sulle mafie contemporanee emerge che proprio modalità simili sono, come minimo, sospette.
Ritengo allora, in questo senso, che sia necessario allargare l’alleanza per la legalità dagli attori citati dal Procuratore Alfonso a nuovi, importanti interlocutori, il cui apporto risulterebbe senz’altro preziosissimo così da prevenire il rischio che le infiltrazioni dei clan in Emilia-Romagna finiscano per avvelenare il sistema democratico del quale ognuno di noi per il proprio ruolo deve sentirsi, oltre che beneficiario, attento custode.

Presidente Gruppo Pd Regione-Emilia-Romagna

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