«Tragedia che ha ferito il Polesine» La benedizione
del vescovo Soravito De Franceschi, poi la salma dell’autista veneziano
poi è stata trstata trasportata a Campolongo. Zaia: non si può morire lavorando
Oltre duemila persone hanno accolto con
un lungo e commosso applauso le bare dei quattro lavoratori morti lunedì
scorso alla Co.Im.Po di Adria a causa dell’esalazione di un mix di
sostanze nocive. Pochi minuti prima delle 15 Il vescovo di Adria-Rovigo
Lucio Soravito De Franceschi ha benedetto le bare e salutato i
famigliari. Poi la salma del conducente veneziano morto lunedì ad Adria è
partita per Campolongo Maggiore dove sono stati celebrati i funerali.
Alle esequie di Adria era presente anche il governatore del Veneto Luca
Zaia, che, prima della cerimonia, ha detto che nel 2014 «non si può
pensare di morire lavorando; con le corrette precauzioni non sarebbe
morto nessuno, bisogna effettuare una prevenzione efficace».
Nel corso della cerimonia il vescovo De Franceschi ha ricordato come i quattro defunti Giuseppe Baldan, Marco Berti di Rovigo, Nicolò Bellato e Paolo Valesella di Adria lunedì mattina stessero lavorando «con dedizione e impegno, e alcuni di loro sono morti per prestare soccorso ai loro colleghi in difficoltà». Quanto è accaduto alla Co.Im.Po, ha aggiunto il vescovo di Adria-Rovigo, «lascia sgomenti e impotenti e ha ferito l’intero Polesine oltre alla comunità di Campolongo Maggiore». Al termine della cerimonia hanno voluto testimoniare due amici e il padre di Nicolò Bellato e una conoscente della vedova di Marco Berti. Con una voce stentorea e traboccante d’orgoglio che ha commosso tutti i presenti Carlo Bellato, il padre di Nicolò, ha detto che il figlio «ha dato a me e alla mamma Luisa solo gioia e amore. Eri una persona speciale, che ha imparato a essere sempre buono e ad aiutare le persone più deboli. Un insegnamento che ti è stato fatale, ma sono certo che lo rifaresti». Anche il sindaco di Adria Massimo Barbujani è voluto intervenire: «Non lasciamo soli i familiari delle vittime, ci chiedono aiuto e noi dobbiamo darglielo».
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