Un blitz del Gico, il grupo di investigazione della Guardia di Finanza di Firenze, e della squadra mobile di Caserta, sequestra beni per circa 10 milioni di euro al clan dei Casalesi. Fra i beni che sono rientrati nell’indagine figurano anche immobili costruiti a Poggio Renatico e ad Argenta con i soldi della camorra.
Si tratta per la precisione di 14 appartamenti costruiti in subappalto da una società edile, la Angelica Srl, con sede a Poggio Renatico, il cui titolare, un 44enne di Caserta, Angelo Ardente, è finito agli arresti assieme ad altre dieci persone. Per cinque di queste si sono aperte le porte del carcere, mentre gli altri sei, compreso Ardente, sono finiti ai domiciliari. Gli appartamenti in questione non sono però stati sequestrati dalla Finanza, in quanto il reato non era relativo alla costruzione bensì alla provenienza illecita del denaro, che veniva così ripulito per poi tornare nella disponibilità del clan sotto forma di denaro contante o titoli di credito. Per tutti gli arrestati le accuse sono di riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza illecita e intestazione fittizia, con l’aggravante dell’aver favorito la fazione “Schiavone” del clan dei Casalesi.
L’indagine che è arrivata anche nella nostra provincia è partita dalla bancarotta fraudolenta di una società con sede a Pisa, attorno alla quale gravitavano persone che gli investigatori ritenevano vicine al clan dei Casalesi, un gruppo di “prestanome”, parenti di Sigismondo Di Puorto, il 42enne fedelissimo di Nicola Schiavone, figlio del boss del clan dei Casalesi Francesco Schiavone, alias “Sandokan”. Nel blitz sono stati arrestati il padre, due fratelli, un cognato e i nipoti di Di Puorto. Nel corso del blitz nei confronti di prestanome della fazione “Schiavone” del clan dei casalesi, sono stati messi i sigilli ad alcune decine di terreni, abitazioni, automobili, moto e quote societarie di aziende – alcune delle quali inserite nel mercato del caffè – tra le province di Caserta, Napoli, Modena e Ferrara.
Sequestrate anche le disponibilità finanziarie, intestate a indagati e società, trovate su conti correnti postali e bancari, libretti di deposito, dossier titoli e cassette di sicurezza. Nel corso dell’attività investigativa sono finite sotto la lente di ingrandimento 60 conti correnti bancari e sono stati ricostruiti i flussi finanziari per un arco temporale di 10 anni riconducibili a 16 persone. Il clan riciclava grazie ad aziende edili e del caffè. Le tre aziende edili finite nell’inchiesta, oltre a quella di Poggio Renatico, hanno sede a San Cipriano d’Aversa (Caserta) e a Roma.
ESTENSE
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