Tre cose da fare
«In Italia non siamo capaci di programmare», osserva Graziano. E invece tra Vajont (1963), Valtellina (1987) e Sarno (1998), solo per citare le più eclatanti, dovremmo farlo. «Tre le cose da fare: nell’immediato puntare sugli investimenti, nel medio termine fornire la giusta consapevolezza alle persone, e nel lungo periodo pensare a una revisione della normativa». Per Graziano «c’è da piangere» se si pensa che «franano alcuni centri storici e preziosi beni culturali tra i più importanti al mondo: da Pompei ad Agrigento, alla Valle dei Templi a Sibari sotto il fango. E anche Roma ha problemi di dissesto. Eppure la prevenzione costa 3-4 volte meno che riparare i danni. Per di più in questo modo perdiamo cultura, turismo, immagine», aggiunge il presidente del Consiglio nazionale dei geologi.
Geologi: tanti, ma non utilizzati
Fa poi rabbia pensare che l’Italia è la nazione con il maggior numero di geologi. «In Europa sono 30 mila, e la metà sono italiani», spiega Domenico Calcaterra, segretario generale della Federazione europea dei geologi. «Con la nuova figura dell’euro-geologo i nostri geologi saranno sempre più richiesti; da quest’anno il Consiglio nazionale dei geologi italiani potrà rilasciare il titolo di euro-geologo con il quale il professionista potrà operare sul mercato europeo».
Rischio vulcanico
L’Italia non solo presenta rischi sotto il profilo idrogeologico, ma è bene ricordare che è anche presente un forte rischio vulcanico. Martedì 18 marzo sono 70 anni esatti dall’ultima eruzione del Vesuvio. «Non è che sia cambiato tantissimo», avverte Graziano. «Del rischio vulcanico sembra ci sia meno consapevolezza». Per Calcaterra è invece «cambiato qualcosa» se si guarda alla nuova perimetrazione della zona rossa che ha subito «modifiche sensibili» e al fatto che «in Campania si parte con un bando per un finanziamento specifico per aiutare i Comuni che dovranno avere un piano entro dicembre 2015». Calcaterra fa presente che a Napoli oltre al Vesuvio ci sono anche i Campi Flegrei, ma che insieme all’Etna sono «tra i vulcani meglio monitorati al mondo».
Corriere della Sera
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