27/02/14

Dichiarazione di voto di Alessandro Bratti su “I reati ambientali nel Codice penale”

Signor Presidente, il provvedimento che noi oggi voteremo con grande soddisfazione rappresenta una svolta significativa, direi una svolta epocale: un provvedimento che si aspettava da oltre quindici anni, non solo un provvedimento importante in ambito strettamente giuridico. 

Elevare a delitti principali reati ambientali credo ci consenta di fare un passo decisivo per definire anche meglio quale tipo di sviluppo vorremmo per il nostro Paese. L’ambiente, nel senso ampio del termine, è sempre stato considerato un bene comune inesauribile. Non è così; e grazie alle grandi battaglie  dell’ambientalismo, e purtroppo anche attraverso i grandissimi disastri ambientali pensate solo a Seveso, per rimanere in Italia oggi abbiamo tutti acquisito un’altra consapevolezza. L’ambiente, quindi, da risorsa da sfruttare a bene comune da difendere: questo è stato il primo grande salto culturale, che ha portato anche nel nostro Paese alla costituzione nel 1986 del Mini stero dell’ambiente, con una legislazione che ha rivoluzionato completamente il rapporto tra economia, ambiente e salute. Le prime norme per la gestione dei rifiuti, quelle per preservare le risorse idriche, per la definizione delle aree protette dei parchi, l’Agenzia ambientale per il controllo del territorio, sono alcune di quelle che hanno costituito un nuovo quadro regolamentare. Questa rivoluzione legislativa, parallela a quella europea, sempre più attenta, puntuale e numerosa in termini di emanazione di direttive, ha avuto come principale scopo quello di contra stare gli effetti negativi sull’ambiente che causavano le attività economiche.Alla fine del secolo scorso, poi, si è affermata una visione ancora più sfidante per i decisori politici, quindi per noi: si è introdotto il concetto di sviluppo sostenibile. Concetto che presuppone che l’ambiente assuma un’ulteriore valenza: non solo come principale insieme di beni comuni da tutelare in quanto grande casa per l’uomo, ma un’importante opportunità per impostare un nuovo sviluppo, basato fondamentalmente sulla cultura della rinnovabilità delle risorse.


Ci si chiederà: ma cosa c’entra l’elevare i reati ambientali dal rango di contravvenzioni a delitti con tutto ciò ? Credo che c’entri eccome. Se, infatti, la via dello sviluppo, come spesso ci siamo detti, è quella della qualità, della green economy, dell’innovazione, della valorizzazione della nostra agricoltura, delle nostre emergenze storico-culturali, occorre non solo procedere ad una forte semplificazione amministrativa, burocratica, ma è necessario anche creare un sistema di regole, poche e chiare, e potenziare le strutture di controllo per garantire alle imprese di qualità e innovative di stare e affermarsi sul mercato. Se questo non succede e si lavora solo sulla cosiddetta semplificazione, il rischio è che, in un Paese in cui l’illegalità è purtroppo molto diffusa, ne traggano vantaggio solo quelle attività più spregiudicate e spesso colluse con il malaffare, non quelle più innovative. È interessante a questo proposito capire di che cosa stiamo parlando, L’Italia è comunque uno dei pochi Paesi che, attraverso un’azione costante di enti preposti, del lavoro della magistratura, del- l’associazionismo, conosce da alcuni anni fenomeno illegali collegati all’ambiente. Paesi considerati molto più avanzati, presentano molte di queste problematiche, ma non ne conoscono l’entità. Nel 2012, secondo i dati forniti dal rapporto « Ecomafia » di Legambiente, basato, lo ricordo, sul lavoro capillare della magistratura, dei corpi di polizia giudiziaria, dell’attività condotta anche dalle nostre Commissioni parlamentari d’inchiesta, emerge che sono circa 34 mila i reati, 28 mila le persone denunciate, 161 le ordinanze di custodia cautelare, più di 8 mila i sequestri, per un giro d’affari e questo è secondo me, un dato veramente significativo di circa 17 miliardi di euro, con circa 300 clan mafiosi coinvolti. Tre sono le direttrici su cui sviluppare un’azione di contrasto all’illegalità ambientale. Primo: la semplificazione normativa che riduca i margini di discrezionalità e di incertezza per le imprese. Secondo: la riforma del sistema dei controlli, e faccio appello a tutte le forze politiche: dovremmo in pochi giorni licenziare in Commissione ambiente un testo sulla riforma delle Agenzie ambientali e dell’ISPRA. Terzo: l’introduzione dei delitti contro l’ambiente nel codice penale, come tra l’altro era già stato previsto, in sostanza, dalla Direttiva comunitaria del 2008. Di questo noi oggi stiamo parlando. Il fatto che in poche ore abbiamo esaurito la discussione in quest’Aula, non significa che non ci sia stato un lavoro di approfondimento vero, costante e importante, dietro la proposta che qui è stata fatta. Centinaia di convegni, confronti continui coi magistrati, decine di audizioni, con- fronti serrati con le forze dell’ordine, hanno fatto si che oggi si sia prodotto un testo su cui abbiamo trovato una sostanziale unanimità. Ecco in sintesi le principali novità. Introduzione di quattro nuovi delitti nel codice penale: il primo è il disastro ambientale, che punisce con il carcere da 5 a 15 anni chi altera gravemente o irreversibilmente l’ecosistema o compromette la pubblica incolumità. Vedete, se voi pensate a un disastro come quello di Seveso, credo che una pena di quindici anni nel caso di un reato doloso come quello sia una pena assolutamente congrua, e non un attacco  alle attività produttive. Il secondo è l’inquinamento ambientale, che prevede la reclusione da 2 a 6 anni e una multa da 10 mila e 100 mila euro per chi deteriora in modo rilevante la biodiversità o l’ecosistema, anche quello di natura agraria e quindi qui si introduce anche il tema degli organismi genetica mente modificati, o la qualità del suolo, delle acque o dell’aria. Il terzo delitto è il traffico e l’abbandono di materiale di alta radioattività, e probabilmente se la pena oggi introdotta fosse stata in vigore alla fine degli anni novanta, ci avrebbe consentito di affrontare in maniera più congrua e decisa quello che era il traffico delle navi cosiddette dei veleni. Il quarto nuovo delitto è l’impedimento del controllo: chi nega o ostacola l’accesso o intralcia i controlli ambientali rischia la reclusione da 6 mesi a 3 anni. Poi c’è l’aggravante ecomafiosa, assolutamente importante e più volte richiesta; ma ci sono anche gli sconti di pena con riduzioni da metà a due terzi nel caso di ravvedimento operoso, perché diciamo che la stella polare rimane quello del ripristino delle condizioni ambientali. C’è poi il raddoppio della prescrizione, e guardate, questo è fondamentale; e a proposito delle dichiarazioni del collega di Forza Italia, io volevo ricordare che se ci fosse stata, probabilmente, già in vigore questa normativa, non ci sarebbe stata la prescrizione di una delle indagini più importanti, quella cosiddetta «Cassiopea», da cui è stata tratta origine il libro Gomorra. L’obbligo della confisca, la condanna, appunto, al ripristino, la giustizia ripara- tiva e il coordinamento delle indagini. Insomma, io devo, per questo lavoro straordinario, ringraziare i relatori, ma in particolar modo il relatore Bazoli che con grande equilibrio ha portato a termine questo lavoro, e anche l’ottimo lavoro svolto in Commissione dalla presidente Ferranti.
Concludo, signor Presidente, dicendo che quello che abbiamo fatto è un grandissimo passo avanti, una riforma importante che, appunto, si aspettava da tantissimi anni. Se riusciremo davvero a sviluppare in tempi brevi quelle tre direttrici che ho provato sopra a ricordare, non solo avremo finalmente costruito un quadro legislativo moderno per tutelare l’ambiente e, quindi, soprattutto la salute dei cittadini, ma, come ho cercato di dire all’inizio del mio intervento, avremo costruito le condizioni per consentire davvero alle imprese migliori e di qualità di potersi definitivamente affermare e allo Stato di non essere derubato da quell’economia grigia e nera che oggi, purtroppo, continua a proliferare nel nostro Paese

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