"Se i sindaci dotassero poi le loro città di una mappa del rischio
idrogeologico idraulico accompagnata da un"decalogo"di comportamenti
virtuosi o da evitare, la gente intanto saprebbe se la zona dove abita o
lavora è soggetta ad essere invasa dall'acqua e in che misura e poi
saprebbe cosa fare in caso che all'allerta meteo, convenientemente
pubblicizzato, faccia seguito anche l'esondazione del fiume o torrente".
Così Vittorio D'Oriano, vice presidente del Consiglio nazionale dei
geologi. "Quanto è accaduto in Sardegna è la prova di come la
popolazione sia assolutamente inconsapevole di quale siano, nella
propria città spiega D'Oriano le aree a rischio e quali le più
sicure". Se è vero che l'evento sardo è stato oggettivamente
eccezionale "è altrettanto vero che l'onda di piena ha colpito una
comunità impreparata ad affrontare l'emergenza denuncia il vice
presidente dei geologi per il semplice fatto che le autorità
competenti, forse distratte dall'edificato e dall'edificabile, non
l'avevano informata di quali zone del paese o della città erano
certamente sicure, e quali comportamenti dovevano assolutamente essere
evitati".
"In Sardegna occorre attuare una immediata
verifica dello stato di fatto della rete idrografica "urbanizzata" e
della reale occupazione di spazi di pertinenza fluviale da parte di
edifici direttamente adiacenti alla stessa aggiunge Davide Boneddu,
presidente dei geologi della Sardegna al fine di poter intervenire con
opere di manutenzione sulla medesima e programmare con la doverosa
attenzione la gestione delle fasi di emergenza in luoghi ormai
completamente saturati dall'edilizia". Ma oltre all'evento eccezionale
va indicata anche la responsabilità dell'uomo e delle amministrazioni.
"L'espansione urbanistica avvenuta soprattutto negli anni 70-80 in
Sardegna, ha invaso le aree fluviali inglobandole all'interno
dell'edificato in certi casi nella più totale inosservanza delle
normative in essere relative alle fasce di tutela dei corsi d'acqua
avverte Boneddu oggi addirittura appare difficile attuare anche quelle
politiche di difesa e manutenzione perche' gli spazi necessari alle
manutenzioni sono ormai assenti e cementificati". Diventa quindi
necessario "prevedere una riconversione degli spazi del centro storico e
la loro abitabilità dice il presidente dei geologi della Sardegna
siamo certi che in questa maniera si andrebbero ad interessare e
popolare quelle aree che i nostri avi hanno edificato nella piu' totale
osservanza e comprensione sia delle norme che della naturalita' delle
forme e dei processi che caratterizzavano l'ambiente circostante".
L'esempio di Olbia, conclude Boneddu,è "significativo di tante aree
costiere e di tanti centri edificati che al loro interno, per effetto
dell'espansione urbanistica, hanno interessato vaste aree naturali nelle
quali oggi il rischio idraulico diventa quindi preponderante".
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