Alla legge in discussione al Senato di modifica della legge quadro del
91, la 394 ripescata dalla passata legislatura, se ne sono affiancate
altre due, una delle quali praticamente (e stranamente) identica del Pd e
un’altra di Sel, diversa per vari aspetti. La motivazione principale
sembra dettata dall’esigenza soprattutto delle aree protette marine, che
secondo i promotori non potrebbero finalmente puntare a politiche più
efficaci in un comparto da sempre malmesso se non si apporteranno
urgentemente modifiche alla legge quadro del 91 e anche alla legge
successiva 426.
Per qualcuno e sorprendentemente anche per
Federparchi non bisogna perdere tempo in chiacchiere filosofiche e da
salotto e far presto tutt’al più mettendo qualche emendamento toppa. Né
nella passata legislatura né in questa nessuno si è preso finora la
briga di documentare sia pure minimamente dove i guai sono derivati
dalle leggi e non dalle politiche, e le inadempienze in primo luogo
ministeriali.
La ragione è semplice perché come disse Valdo Spini
proprio all’ultimo congresso di Federparchi non è la legge ma sono le
inadempienze politiche e istituzionali che hanno impedito alle aree
protette marine di integrarsi alle altre sia nazionali che regionali e
poi a quelle di Rete Natura 2000. Che non si trattasse di una critica
infondata lo si può vedere senza troppa fatica leggendo il testo.
E qui colpisce che nessuno e tanto meno quelli che questo pessimo testo lo difendono a spada tratta continuino come già prima avevano fatto i senatori di tutte le parrocchie politiche a non dirci perché dalla gestione delle aree protette dovremmo far fuori le regioni, cancellando dalla legge 394 ‘brevi tratti di costa prospicenti’ alle regioni dove esse potevano e possono e in più d’un caso l’hanno fatto istituire proprie aree marine protette. E come se non bastasse laddove lo hanno fatto il ministero deciderà cosa farne consultando direttamente i portatori di interessi e non le istituzioni. Cosa che non è mai avvenuta e non deve avvenire per nessun parco o aree protetta e non solo nazionale.
La gestione dei parchi e delle altre aree protette terrestri, fluviali, lacustri e marine è compito istituzionale e costituzionale non trasferibile ad altri soggetti. E non paghi di avere estromesso le regioni in omaggio evidentemente al federalismo per le aree protette è prevista diversamente da tutte le altre che ogni tre anni la segreteria tecnica (di cui non fanno parte né le regioni né gli enti locali) riveda piani e programmi gestiti da Roma. E in omaggio ai portatori di interessi si prevede persino l’immissione di un rappresentante agricolo negli enti parco nazionali.
Ora, nel momento in cui con il ministro Orlando è ripresa dopo anni di latitanza una riflessione seria sul ruolo dei parchi marginalizzato dalla Prestigiacomo e anche in seguito, al Senato hanno avuto quest’idea che induce a chiedersi perché non anche i pescatori etc etc.
Qui la cantonata è di quelle che non possono essere passate sotto silenzio, tanto più che il tutto lo si è confezionato senza alcun coinvolgimento effettivo delle regioni e degli enti locali. La legge quadro all’art 1 richiama due articoli costituzionali il 9 e il 32 ossia paesaggio, ambiente e salute i cui portatori di interessi sono i cittadini che devono poter godere e usufruire dei ‘beni comuni’, che per questo devono essere gestiti dalle istituzioni pubbliche attraverso i parchi.
Sono in questo caso i cittadini i portatori di interessi, non le categorie varie e numerosissime. Semmai colpisce che mentre si rilancia giustamente il piano del parco accorpando quello ambientale e quello socio-economico non si dica una parola come non fu detta a suo tempo che proprio il paesaggio è stato sottratto alla pianificazione delle aree protette dal Codice dei beni culturali, tanto è vero che lo scorso maggio gli onorevoli Valiante e Realacci hanno presentato alla Camera una proposta di legge che modifica l’art 145 del Codice per restituire ai parchi la competenza prevista dalla 394.
Per quanto ci riguarda come Gruppo di San Rossore stiamo per presentare anche al ministro Orlando una Relazione sulla situazione nazionale delle nostre aree protette, raccogliendo numerosi e qualificati contributi che potrebbero indurre anche chi, più che accodarsi pediquessamente, dovrebbe mettere nero su bianco e non in emendamenti che competono ad altri cosa vuole fare, e non solo delle aree protette marine.
Renzo Moschini
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