Devo in premessa fare una precisazione riguardo alla approvazione della
procedura d’urgenza da parte del Senato. Per dirla in parole semplici il
Senato si occupa velocemente dell’argomento, ma non è vero che non
possono essere presentati emendamenti. Quindi il testo può essere
modificato, anche in maniera consistente, prima di essere approvato. Va
da sé che dopo l’iter in Senato il decreto verrà trasferito alla Camera
(dove può essere ulteriormente modificato) prima di transitare
nuovamente al Senato. Quindi tempi e modi per discutere e modificare
esistono; stiamo parlando di diversi mesi come minimo.
Per
Federparchi il fatto che il parlamento pur sotto pressione per la
situazione economica e quant’altro senta il bisogno di occuparsi
velocemente di parchi è una cosa positiva. Poi c’è un problema di
contenuti sui quali ovviamente la discussione è aperta. Come già
spiegato in più occasioni Federparchi condivide alcune cose (molte) ed
altre no (poche) ed è vero che su alcune di quelle che non condivide
Federparchi non ha avuto la forza per farle modificare. Questo è dipeso,
a mio giudizio, anche dal fatto che il mondo che è molto interessato ai
parchi non si è presentato compatto a chiedere certe modifiche.
Qualcuno ha pensato, legittimamente, di rifiutare la modifica in quanto
tale e di non associarsi a noi o ad altri almeno per sostenere quei
cambiamenti che potevano essere condivisi.
In ogni caso propongo
lo stesso metodo che abbiamo utilizzato nel proficuo incontro con
Aidap, esaminando punto per punto i contenuti del disegno di legge. In
quell’occasione abbiamo prima cercato di capire se li condividevamo, poi
di come erano stati trasferiti nella norma, infine se quest’ultima era
coerente con i nostri obiettivi e se era scritta bene. Ovviamente non
posso, per motivi di spazio, trattare tutti i temi sollevati dalle due
associazioni e del tema delle royalties ne ho già scritto recentemente.
Quindi parlerò di un altro capitolo controverso, quello relativo alla
gestione faunistica, sempre partendo prima dai contenuti.
Caccia nei parchi nazionali
Nella stesura attuale della legge 394 non è scritto espressamente che nei parchi nazionali la caccia è vietata; è scritto invece nella 157/92 (più nota come legge sulla caccia). Ci si potrebbe arrivare per via induttiva per il fatto che nei parchi nazionali sono vietati l’abbattimento e la cattura della fauna (art 11 comma 3 lettera a). Però lo stesso articolo al comma successivo dice che a questo divieto si può derogare tramite il regolamento che... prevede eventuali prelievi faunistici ed eventuali abbattimenti selettivi, necessari per ricomporre squilibri ecologici accertati dall’Ente parco….”.
In buona sintesi oggi ai sensi della 394 nei parchi nazionali non si può uccidere animali, ma a questo si può derogare per fare prelievi faunistici e abbattimenti selettivi e per ricomporre squilibri ecologici che accerta l’Ente parco. E’chiaro che gli squilibri ecologici sono facili da accertare, soprattutto quando si parla di cinghiale. Inoltre ribadisco che il contenimento lo decide il parco, senza altri controlli o pareri.
Ricapitolando: ad oggi, nella 394, non vi è scritto espressamente che la caccia nei parchi nazionali è vietata. Sono previsti invece “prelievi faunistici e abbattimenti selettivi”, termini usati in campo venatorio specialmente nella cosiddetta caccia di selezione agli ungulati. Non a caso, nella passata legislatura, la tanto discussa proposta Orsi di modifica della legge sulla caccia, recitava che per ricomporre “squilibri ecologici” nei parchi, senza modificare la 394, si poteva, per esempio, cacciare il cinghiale.
Domando quindi: nei parchi nazionali italiani vogliamo un divieto di caccia senza deroghe? E soprattutto è scritto bene tutto questo nel DDL? Secondo noi si, ma è interessante capire se prima siamo d’accordo con il contenuto.
Caccia nei parchi regionali
Per i parchi regionali, secondo la 394, “l’attività venatoria è vietata, salvo eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici (articolo 22, comma 6). Qui l’ambiguità della norma attuale è ancora più evidente che per i parchi nazionali, perché quel ‘salvo’, letteralmente vuol significare che nei parchi regionali, per ricomporre squilibri ecologici, si può cacciare. Oltretutto utilizzando la stessa dizione utilizzata per i parchi nazionali (prelievi faunistici e abbattimenti selettivi) non si fa che aumentare la confusione normativa. Stessa interpretazione ha dato la regione Piemonte che nel 2011 ha approvato una delibera per cacciare nei parchi così da ricomporre squilibri ecologici. Quindi mi pare molto meglio la dizione del DDL che toglie il “salvo”.
Controllo faunistico nei parchi nazionali
Nella 394 attuale il parco accerta squilibri ecologici e tenta di ricomporli con “prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi” che sono attuati “dal personale del parco o persone all’uopo autorizzate dall’ente parco stesso”. Quindi il parco “da sè se la canta e da sè se la suona”. Non è previsto nessun parere (nemmeno consultivo) sull’attività di controllo faunistico. Le persone autorizzate, che sono cacciatori, non necessitano di nessuna formazione particolare. Nella pratica oggi cosa succede? Il controllo faunistico viene fatto nella stragrande maggioranza dei parchi nazionali e regionali. I pochi che non lo fanno, in genere, sono quelli che non hanno cinghiali o altri ungulati al loro interno.
Gli abbattimenti vengono fatti quasi ovunque da cacciatori (ovviamente, salvo pochi casi, senza nessuna specifica formazione), che spesso sono autorizzati anche a portarsi a casa i capi abbattuti (in effetti in questi casi è difficile trovare una differenza con la caccia). Il nuovo DDL invece vincola ogni attività di controllo a un parere obbligatorio e vincolante da parte dell’ISPRA. I cacciatori, per potere fare abbattimenti in un parco devono fare un corso con un programma validato dall’ISPRA stesso.
Sugli squilibri ecologici (dizione davvero curiosa da un punto di vista tecnico) la contradizione della 394 è evidente: un parco deve aspettare che si verifichino prima di intervenire o deve lavorare per prevenirli? La risposta mi sembra evidente. Io ho gestito da presidente per 12 anni il Parco della Maremma e lì grandi “squilibri” non ci sono stati perché da 30 anni (quindi ben prima della mia presidenza) il parco ha tolto dai 300 ai 700 cinghiali ogni anno, tramite catture e abbattimenti gestiti direttamente dai guardaparco.
Salvo un’infelice parentesi – durata pochi mesi a metà degli anni ’90 – nessun cacciatore ha mai abbattuto un cinghiale nel parco della Maremma. Se con un’interpretazione stretta della legge, ci si fosse dovuti fermare uno o due anni per aspettare gli “squilibri” prima di intervenire, lascio immaginare cosa sarebbe successo alla biodiversità del parco…
L’obbligo del DDL di fare un piano con il parere vincolante e obbligatorio dell’ISPRA taglia la testa al toro. Nel caso specifico si dovrebbe documentare la biodiversità presente nel parco che rischia di subire danni da una presenza eccessiva di cinghiali e l’ISPRA avrebbe potere assoluto di giudizio.
Controllo faunistico nei parchi regionali
Per la 394 non ci sono differenze tra controllo faunistico nei parchi regionali e nazionali, ad esclusione delle cosiddette “persone all’uopo autorizzate”. Per i regionali si parla espressamente di cacciatori, che devono fare un corso a cura dello stesso ente. Valgono le considerazioni fatte per i parchi nazionali. E cioè che sia previsto un corso, ovviamente è meglio, ma il fatto che non sia validato dall’ISPRA, nella pratica fa sì che l’abilitazione si risolva in tre ore di lezione senza nessun esame finale. A mio avviso il nuovo DDL rende omogenee le norme per parchi nazionali e regionali in meglio.
Sanzioni accessorie per chi esegue operazioni di controllo faunistico in difformità dall’autorizzazione
Nella 394 non sono previste. Il DDL invece indica sanzioni disciplinari per i pubblici dipendenti e l’interdizione perpetua da tutto il territorio nazionale per i cacciatori abilitati (che in quell’ambiente è un grande deterrente, più delle sanzioni pecuniarie). Curiosamente ho sentito che qualcuno ha interpretato questa come sanzione sostitutiva di tutte le altre. Cioè, secondo questa teoria se un cacciatore nel corso di un’operazione di abbattimento del cinghiale nel Parco nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, abbatte un orso marsicano se la caverebbe solo con l’interdizione futura… Comunque specificare che nel caso di specifico la sanzione è accessoria comporta solo una riga in più.
Disponibilità al parco della fauna abbattuta o catturata
Di fatto oggi tutti i parchi dispongono della fauna abbattuta e catturata nel senso che la vendono o la regalano, ma nella 394 non è scritto da nessuna parte che si può fare. Meglio scriverlo come riportato nel DDL.
Fondo di ricerca per metodi non cruenti
La 394 oggi non prevede niente al riguardo. Il DDL invece obbliga i parchi a versare il 2% degli introiti dalla cessione di fauna selvatica a un apposito capitolo presso l’ISPRA, destinato alla ricerca su metodi non cruenti di controllo della fauna selvatica. All’estero si sta lavorando su questa tematica molto più che in Italia e uno stimolo alla ricerca in tal senso è quanto mai opportuno. Il sogno di chiunque ha avuto a che fare con i cinghiali, è che qualcuno un giorno inventi un prodotto che distribuito sul territorio venga mangiato solo dai cinghiali e li sterilizzi, lasciando il resto della fauna indenne. Sarebbe un metodo molto più economico di quelli utilizzati oggi e di impatto zero sul resto della fauna. È un sogno ma se non si fa lricerca neppure ci avviciniamo a realizzarlo.
In conclusione riguardo alla caccia i contenuti in discussione sono:
1) Divieto di caccia nei parchi nazionali e regionali esplicito e senza deroghe
2) Parere obbligatorio e vincolante dell’ISPRA su tutti gli interventi di controllo faunistico
3) Obbligo per gli attuatori di partecipare ad un corso validato dall’ISPRA per poter fare abbattimenti in un parco
4) Sanzioni accessorie per chi non rispetta le regole stabilite dal parco e validate dall’ISPRA
5) Disponibilità della fauna selvatica abbattuta e catturata al parco
6) Creazione di un fondo di ricerca per metodi non cruenti
A nostro giudizio il DDL esplicita tramite norme questi contenuti. Se qualcuno sui contenuti e d’accordo ma pensa che nel DDL siano scritti male o in forma ambigua e propone un’altra stesura migliore per Federparchi è il benvenuto. Se invece non è d’accordo sui contenuti e pensa che sia meglio la stesura della 394 attuale e di conseguenza quello che oggi avviene sul territorio nazionale, vuol dire che la pensiamo diversamente e non c’è niente di male.
Giampiero Sammuri
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