Gli accendini usa e getta sono molto inquinanti. Torniamo a quelli di metallo
Spariscono nel giro di 24 ore. Passano misteriosamente di mano, s'infilano negli angoli, in fondo ai cassetti, si perdono, si dimenticano, si prestano. È il destino degli accendini usa e getta, e l'appropriarsi di quelli altrui non provoca nemmeno un rimorso di coscienza. Costano poco e sono facili da sostituire. Per questa ragione, hanno invaso il mondo come la peste. Non sono riciclabili, vengono ritrovati intatti nei ventri delle creature marine, su litorali vicini e lontani, nei campi. Ovunque. È troppo facile perderli e troppo difficile eliminarli. L'unico accendino di plastica che è rimasto in casa nostra più di un anno era decorato con l'immagine di una procace donna a seno nudo. Era così pacchiano che nessuno lo voleva. Nemmeno quelli ricaricabili durano. Assomigliano troppo ai loro progenitori. Abbiamo una bomboletta di gas nuova che non facciamo mai in tempo a usare. Per arginare un fenomeno davvero distruttivo, la sola soluzione è di tornare agli accendini di metallo. Meglio se preziosi, perché il valore economico dell'oggetto stempera la sbadataggine. Chi non serba un buon accendino in un vecchio baule può cercarlo dai nonni, acquistarlo nuovo o sbizzarrirsi su eBay. Il celebre marchio a tre lettere, re dell'usa e getta, vende 1.825.000 pezzi all'anno, cifra a cui dobbiamo sommare un numero altrettanto esorbitante di simili made in China. È dal 1961 che gli accendini usa e getta inquinano. A 5-6 grammi di plastica per volta, che non si possono separare dai componenti metallici. Lanciamo la moda dei beni durevoli!
Cristina Gabetti
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