Come scrive nella prefazione Valerio Evangelisti, è «Un libro terribile e bellissimo. Dolore, divertimento, pena, riflessione, compartecipazione. Una nuvola di sensazioni alternanti e contrapposte, quali solo uno scrittore vero riesce a condensare».
E’ la storia di Renato, uno dei tanti operai cresciuti nel dopoguerra, uno di quelli che hanno iniziato a lavorare a 14 anni, ma che allora avevano un orizzonte di speranza e benessere per la loro famiglia e di promozione sociale, del “pezzo di carta” degli studi, per i loro figli.
Renato il suo pezzo di pane e di futuro se l’è andato a cercare sciogliendo elettrodi, facendo il saldatore a pochi passi da gigantesche cisterne di petrolio. «Un uomo che respirava zinco, piombo e una buona parte della tavola degli elementi di Mendeleev si legge nella presentazione del libro fino a quando una fibra d’amianto, che lo circondava come una gabbia, ha trovato la strada verso il torace. Poi, chiuso il libretto di lavoro, quella fibra ha cominciato a colorare di nero le cellule, corrodendo la materia neurale. Una ruggine che non poteva smerigliare, lesioni cerebrali che non poteva saldare».
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Come ha detto Roberta Papi, dell’Associazione “Movimento in Maremma”, presentando “Amianto” a Festambiente, è «Un libro che riporta prepotentemente in primo piano il dramma delle morti nei luoghi di lavoro o conseguenza delle condizioni di lavoro. Tema che ancora oggi, nel secondo decennio degli anni duemila, non possiamo archiviare. Un libro, “Amianto”, che accoglie tante storie al suo interno: ricordi personali dell’autore uniti a materiale di inchiesta, spaccati di costume assieme a riflessioni taglienti sulla mancanza di consapevolezza della società stessa. Storie che ruotano tutte attorno al racconto della vita e dalla prematura morte di Renato Prunetti, operaio specializzato, dovuta all’esposizione alle fibre di amianto e, più in generale, ad un lavoro che, per condizioni lentamente logora. Storie che entrano nella carne, nel cuore e nella mente di chi legge, raccontate con straordinaria capacità da Alberto Prunetti».
Amianto è davvero uno storia operaia, di quella classe operaia che tra Piombino e Taranto, tra le raffinerie liguri e gli stabilimenti di Casale Monferrato, ha costruito il benessere italiano per poi essere dimenticata, spinta ai margini, ridotta a “residuo” della storia, a scarto dell’economia, accusata di avere troppi diritti, ignorata mentre pagava il boom con malattie professionali, mentre soffocava di silicosi e di amianto, di ricordi di miniere e fabbriche abbandonate.
Ma amianto è anche il ricordo dell’Italia che fu «Tra il calcio di strada in un’Ilva dimenticata in provincia e le risse domenicali lungo la via Aurelia». Come da uno scavo archeologico nella nostra memoria recente emerge «Un Lessico famigliare proletario con cavi elettrici impazziti e sarcastici aneddoti dal mondo operaio. Un’epopea popolare ma anche un’inchiesta che riapre una ferita sociale, scritta da una voce narrativa che reclama attenzione e conferma un talento sempre più maturo».
Così come reclama attenzione quella classe operaia data per morta e superflua, che dall’abisso della crisi chiede nuovamente lavoro e futuro, che cerca di ricordarci i riverberi del passato nelle malattie “proletarie” del presente, che chiede nuovamente dignità, un lavoro che non sia una scommessa con la vita, una speranza di futuro che è anche l’avvenire del nostro Paese.
Umberto Mazzantini
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