Sale la tensione tra l’Arpa Puglia e il commissario straordinario dell’Ilva, Enrico Bondi, che a quanto pare viene riconosciuto come interfaccia dell’azienda. Il direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato ha inviato una lettera a Bondi e per conoscenza al presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, all’Ares Puglia e alla Asl di Taranto, nella quale annuncia che il 21 agosto prossimo terrà a Basilea la relazione “Risk assessment on Taranto (Italy) integrated steel works” nell’ambito di un convegno organizzato dalla Società internazionale di epidemiologia ambientale (Isee). Ma Assennato ha colto l’occasione della comunicazione per togliersi anche qualche sassolino dalla scarpa.
«L’Ilva ha avuto uno sterile approccio negazionista scrive il direttore Arpa Puglia e quindi l’augurio è che lo voglia modificare per assicurare il suo contributo allo sviluppo scientifico e culturale del territorio, in piena sinergia con le istituzioni locali». In merito poi alla nota inviata il 27 giugno scorso alla Regione Puglia da Bondi, che faceva propri i rilievi mossi dai consulenti dell’Ilva sulla valutazione del danno sanitario fatta dall’Arpa Puglia, il direttore generale di Arpa Puglia replica: «Evidentemente il comitato scientifico del convegno non ha condiviso il suo giudizio sull’inattendibilità del nostro lavoro sulla valutazione del danno sanitario prodotto dall’Ilva. Mi auguro che lei comprenda il valore strategico della trasformazione di atti amministrativi in produzione scientifica per affrontare in modo adeguato la complessità dei problemi dell’area tarantina. Tutto ciò è alla base del Centro Ambiente e Salute a Taranto, finalmente attivato dopo mie reiterate richieste, al quale l’azienda Ilva si è sempre rifiutata di aderire, nonostante miei pressanti inviti, come avrebbe dovuto fare seguendo i principi di una moderna responsabilità sociale d’impresa», ha concluso Assennato.
E’ evidente come azienda ed Ente pubblico di controllo, al di là dei rispettivi ruoli, non siano proprio sulla stessa lunghezza d’onda. Del resto Arpa Puglia continua a rilevare direttamente o indirettamente carenze gestionali dell’azienda. Un caso emblematico è quello della gestione delle acque di prima pioggia. L’associazione ambientalista PeaceLink si è domandata, in modo pertinente, che fine faccia l’acqua che cade sull’Ilva e quella con cui vengono bagnati i parchi minerali.
«In Italia persino un parcheggio per essere autorizzato deve essere dotato di un sistema di trattamento delle acque di prima pioggia. E la più grande acciaieria d’Europa possiede o no un sistema di trattamento delle acque di prima pioggia?» La domanda è stata girata al Garante dell’Aia (Vitaliano Esposito) che a sua volta ha chiesto lumi ad Arpa che ha fornito risposta. «Si comunica che attualmente la struttura del sistema fognario asservito allo stabilimento Ilva spa di Taranto non consente la raccolta delle acque di prima pioggia, le quali vengono fatte confluire insieme agli altri scarichi dello stabilimento nei canali di scarico (canali Primo e Secondo), che l’azienda considera sedimentatori longitudinali», hanno sottolineato Giorgio Assennato e Massimo Blonda, rispettivamente direttore generale e direttore scientifico dell’Arpa Puglia.
L’Agenzia poi specifica di avere chiesto gli opportuni interventi in tal senso già dalla prima Aia del 2011. Ovviamente il trattamento delle acque di prima pioggia è previsto sia dalla normativa nazionale (art. 113 del Decreto Legislativo del 3 aprile 2006 n. 152, titolo III, capo IV: Ulteriori misure per la tutela dei corpi idrici), sia da quella della Regione Puglia, con il “Piano di Tutela delle acque” adottato nel 2007, norme che prevedono aspetti sanzionatori per il mancato rispetto. PeaceLink ha quindi annunciato che la questione sarà portata all’attenzione della Procura della Repubblica
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