Contrariamente a quanto lasciava prevedere il riscaldamento
globale, nel periodo compreso fra gli anni '50 e gli anni '80 si è
registrata una riduzione delle precipitazioni e della portata dei fiumi,
che è poi tornata a crescere in questi ultimi decenni. Secondo lo
studio realizzato da ricercatori dell'università britannica di Exeter e
pubblicato su Nature Climate Change, la causa di questa 'parentesi
secca' è da individuarsi nelle particelle disperse nell'atmosfera
(aerosol) dalle attività umane, aumentate in quegli anni, che poi sono
state notevolmente ridotte portando al graduale aumento delle
precipitazioni che si registra anche oggi.
Il cosiddetto ciclo dell'acqua, ossia tutte le trasformazioni e i movimenti dell'acqua nelle sue varie forme (nuvole, mari, fiumi, etc.), rappresenta uno degli elementi chiave dei cambiamenti climatici. Oltre ad essere una molecola fondamentale per tutti gli esseri viventi, l'acqua è anche una sorta di magazzino che raccoglie e distribuisce molta dell'energia che arriva dal Sole: tra gli esempi più noti ci sono la corrente del Golfo e il famoso El Nino.
Secondo i modelli attuali il riscaldamento globale dovuto alle emissioni di gas serra dell'uomo comporta l'accelerazione del ciclo dell'acqua, ossia maggiori precipitazioni e quindi alluvioni e tempeste, eppure nel periodo tra 1950 e 1980 si registrò invece una parziale riduzione delle piogge. L'anomalia, secondo lo studio, sarebbe da ricercarsi nella grande emissione di aerosol, ossia particelle e polveri di origine industriale, che avrebbero mitigato di molto il fenomeno. La riduzione di questi pericolosi inquinanti, alla fine degli anni '80, ha poi riportato, come previsto dai modelli, all'aumento delle precipitazioni.
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