Un'equipe di ricercatori di Elettra, dell'Ospedale Burlo Garofolo e
dell'Università di Trieste, fa luce sui meccanismi alla base della
tossicità dell'amianto. Frutto di un'innovativa analisi su campioni di
tessuto polmonare provenienti da pazienti esposti all'amianto, gli
ultimi risultati ottenuti dal gruppo triestino, in collaborazione con
ricercatori del sincrotrone francese Esrf e dell'Università di Udine,
mettono in luce il ruolo fondamentale del ferro nello sviluppo del
mesotelioma e conquistano le pagine di Scientific Reports, rivista del
gruppo Nature.
Amianto e mesotelioma pleurico. Sono termini drammaticamente legati. Il primo è un minerale ampiamente utilizzato in edilizia fino a pochi anni fa per il suo basso costo e la sua eccezionale resistenza al calore.
Il secondo, un tumore particolarmente aggressivo della pleura (la
parete interna del torace che riveste i polmoni) che ha nell'esposizione
all'amianto il suo principale fattore di rischio. La pericolosità
dell'amianto è infatti legata alla sua struttura fisica: le sue
microscopiche fibre sono facilmente inalabili e possono depositarsi nei
polmoni causando diverse malattie fra cui l'asbestosi (presenza di
cicatrici nel tessuto polmonare), il tumore al polmone e, appunto, il
mesotelioma. I meccanismi precisi che spieghino la potenza cancerogena
dell'amianto, non sono tuttavia del tutto chiari, anche se la tendenza
delle fibre - già riscontrata in diversi studi - ad assorbire il ferro
circostante alterandone l'omeostasi, ovvero l'equilibrio, sembra essere
una caratteristica fondamentale alla base della loro tossicità.
"Indice inequivocabile dell'esposizione all'amianto - spiega Clara Rizzardi, medico dell'Università di Trieste - è la formazione dei cosiddetti corpi dell'amianto, o corpi dell'asbesto nel tessuto polmonare. Strutture, queste, che nascono dalla deposizione attorno alle fibre d'amianto di ferro libero, proteine che trasportano il ferro, mucopolisaccaridi e altri materiali. Un tentativo dei macrofagi polmonari (cellule deputate alla difesa del tessuto) di isolare l'intruso avvolgendolo con una sorta di conchiglia ma, d'altra parte, un enorme serbatoio di ferro che, in quantità eccessiva e se liberato, può risultare tossico per il DNA cellulare". Per far luce su questi meccanismi, gli autori dell'articolo hanno condotto una serie di analisi su campioni di tessuto polmonare conservati all'ospedale di Monfalcone e provenienti da pazienti esposti all'amianto. "Grazie a una combinazione di tecniche basate sulla luce di sincrotrone (la microscopia e la spettroscopia a raggi X) in grado di fotografare in una sorta di mappa chimica la distribuzione degli elementi presenti - spiega Alessandra Gianoncelli di Elettra - abbiamo evidenziato importanti correlazioni fra la morfologia e la chimica dei corpi dell'asbesto e del tessuto polmonare circostante".
Il primo oggetto d'osservazione è stato proprio il ferro. Le analisi hanno evidenziato in modo inequivocabile come le fibre e i corpi dell'asbesto causino un grande accumulo di ferro nelle cellule macrofaghe e nel tessuto circostante. La mappatura chimica tracciata dai ricercatori, ha però fornito ulteriori fondamentali indicazioni. Sia estendendosi ad altri elementi chimici, sia rilevando la presenza di diverse "forme" dello stesso. "Da un lato - continua Gianoncelli - abbiamo evidenziato che anche fosforo, calcio e magnesio partecipano al processo, confermando quanto indicavano già alcuni studi. Dall'altro, e per la prima volta, abbiamo scoperto che nei corpi dell'asbesto sono presenti almeno due tipi di ferro. Accanto al ferro trivalente che ci aspettavamo, corrispondente alla ferritina, abbiamo infatti trovato percentuali significative di ematite (un altro minerale a base di ferro), ragionevolmente frutto di una trasformazione della ferritina con il passare del tempo".
"Nessuno aveva mai guardato le fibre d'amianto nel tessuto in questo modo, attraverso una vera fotografia chimica - conclude Lorella Pascolo, ricercatrice dell'Ospedale Burlo Garofolo - una fotografia che ci permette di dire che i corpi dell'asbesto non sono strutture inerti, ma, anche dopo diversi anni di permanenza nel polmone, continuano ad essere una fonte di stress nel tessuto, legata alla mobilitazione del ferro". "Queste osservazioni sulle interazioni di vari elementi chimici e sulle trasformazioni del ferro in presenza delle fibre nei polmoni - aggiunge - rappresentano inoltre un paradigma di tossicità: una sorta di modello a cui riferirsi per comprendere l'effetto di altri inquinanti a cui la popolazione è oggi esposta. Mi riferisco al particolato ambientale, ma anche ai nuovi nanomateriali, che, come qualcuno ha già detto, potrebbero rappresentare l'amianto di domani. I dati che abbiamo ottenuto sono senz'altro dati molto importanti per contribuire a chiarire il quadro patogenetico delle malattie amianto correlate, con potenziali future implicazioni anche dal punto di vista diagnostico e terapeutico". Lo studio è stato sostenuto da un finanziamento regionale, ottenuto su indicazione della Commissione Regionale Amianto FVG.
Nessun commento:
Posta un commento