Al centro vi sono i problemi riconducibili principalmente al ministero dei Beni culturali che oggi dopo le gestioni rovinose degli ultimi anni vede il nuovo ministro Bray «solo contro tutti' in mezzo - scrive Tomaso Montanari - a colleghi apostoli della cementificazione».
Prendiamo il caso delle soprintendenze, impoverite e malridotte. Il nuovo codice dei beni culturali che risale a non molti anni fa sembra salvarsi da qualsiasi critica, e non soltanto in questo caso. Eppure risale a quel codice la decisione in materia di paesaggio con la quale ai piani dei parchi è stata sottratta qualsiasi competenza stabilita da una legge del 91 e che sicuramente non era tra le cause dei gravi ritardi nella messa a punto di quei piani paesaggistici ai quali semmai i parchi qualche contributo l'avevano dato, come possiamo vedere in Toscana e non solo. Quell'impegno delle aree protette ben rispondeva d'altronde alla esigenza posta chiaramente anche dalla Convenzione europea del paesaggio, che richiama non certo a caso un nuovo ruolo delle comunità locali, delle quali sono espressione anche i parchi e le aree protette.
Quella ‘sottrazione' di competenza si aggiunge alle molte altre che in particolare il ministero dell'Ambiente ha cercato - e in molti casi purtroppo con successo - di riprendersi a danno delle regioni e degli enti locali, in barba alle norme costituzionali. Il che naturalmente non assolve le regioni e gli enti locali da loro precise e incontestabili responsabilità. Ma conferma che la risposta che rivendicano con forza Settis e i comitati passa non da una rivincita della stato centralista ma da una nuova capacità complessiva - su un piano di effettiva pari dignità - del nostro sistema istituzionale, oggi impegnato in un paralizzante contenzioso costituzionale che ha prodotto solo il raddoppio dei ricorsi dello Stato contro le regioni e delle regioni contro lo Stato. Se nelle 15 idee per l'Italia anche questo aspetto non risulterà chiaro avremo perso un'altra occasione.
In concomitanza con le proposte di Settis, i Deputati e i Senatori del Pd hanno pubblicato un documento su ‘L'ambiente al centro' che già nel titolo suona - non sappiamo se volutamente - autocritico, considerato che già in campagna elettorale l'ambiente è stato come sappiamo del tutto snobbato. Non solo, ma nell'impegno parlamentare della passata legislatura in più d'un caso o lo si era anche lì ignorato o - peggio - era stato affrontato più d'una volta nel peggiore dei modi.
Di fronte alle nuove responsabilità governative e parlamentari e mentre è in corso un confronto difficile all'interno del partito è quindi importante che la rappresentanza di Camera e Senato metta nero su bianco idee e propositi. L'intento dichiarato è quello di puntare su un cambio di marcia economico facendo leva sulla green economy con tutta una serie di interventi e misure di risparmio energetico e che consentano il minimo utilizzo di nuove risorse naturali, insieme ad una maggiore messa in sicurezza del territorio e semplificazione anche del quadro legislativo e delle competenze in materia ambientale, riducendo anche la pletora degli enti di gestione.
Qui il contesto si sbiadisce, vuoi per la genericità vuoi per il suo ridursi a misure di sostegno di una nuova economia, come se le politiche ambientali potessero esaurirsi in questo ambito. La genericità semplificatoria dettata unicamente da esigenze di ‘cassa' ha già anche in passato dato luogo a veri e propri infortuni, come quando in un documento nazionale fu sostenuto in accordo con Calderoli che fosse bene abrogare i parchi regionali. Poi sono seguite altre abrogazioni o menomazioni che hanno di fatto cancellato qualsiasi politica di programmazione istituzionale stato-regioni-enti locali, che ha messo in crisi il nuovo titolo V a cui il documento manco accenna. Tantoché si parla genericamente di Sato e di comuni senza alcun riferimento né alle autorità di bacino e ancor meno ai parchi e alle aree protette che pure qualche ruolo - penso - dovrebbero averlo nelle nuove politiche ambientali sui beni comuni. Questo silenzio appare tanto più sconcertante se ricordiamo - bisogna ricordarlo! - che al Senato i senatori del Pd nella passata legislatura hanno sostenuto che era giusto modificare la legge quadro sui parchi del 1991 in quanto colpevole delle politiche rovinose del ministero dell'Ambiente -così venivano condonate addossandole alla legge! - E non paghi di questo imbroglio avevano pure cancellato qualsiasi ruolo delle regioni sulle aree protette marine.
E il Pd - basta vedere il suoi sito - ha fino all'ultimo sostenuto questo pasticcio con argomenti che fanno arrossire. Ecco perché questo documento, che segnala sicuramente propositi meno balzani rispetto al passato, deve trovare finalmente una meno vaga impostazione che rimetta l'ambiente al centro di politiche innanzitutto di programmazione e non rivolte unicamente all'economia ancorchè verde, ma finalmente al paesaggio, la natura, il territorio.
Renzo Moschini - Gruppo San Rossore
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