In Italia 6 milioni di persone abitano in un territorio ad alto
rischio idrogeologico; 1 milione e 260 mila edifici sono a rischio frane
ed alluvioni e di questi 6.251 sono scuole e 547 ospedali
Le
aziende, il mondo delle professioni, le istituzioni locali, le stesse
associazioni, si stanno rivolgendo in questi giorni ad un Parlamento a
mezzo servizio e ad un futuro governo che ancora non si sa se nascerà,
in modo che diano ascolto a singole istanze ritenute prioritarie. Ma
l'appello rivolto da Anbi (Associazione nazionale bonifiche irrigazioni e
miglioramenti fondiari) e reiterato da vari soggetti in ogni
legislatura, riteniamo che davvero dovrebbe essere ascoltato.
«E'
ora di passare dalla Protezione civile alla prevenzione civile», ha
sottolineato il presidente dell'Anbi Massimo Gargano rivolgendosi al
Parlamento per chiedere sostegno al nuovo Piano di interventi per la
riduzione del rischio idrogeologico, che prevede 3.342 opere
immediatamente cantierabili per una spesa di 7,4 miliardi. «Una cifra da
considerare un investimento utile per lo sviluppo di un Paese che si
trova ogni anno a far fronte a 3,5 miliardi di danni economici dovuti a
calamità naturali».
I numeri riportati nel Piano di interventi 2013 di Anbi sono eloquenti. In Italia 6 milioni di persone abitano in un territorio ad alto rischio idrogeologico; 1 milione e 260 mila edifici sono a rischio frane ed alluvioni e di questi 6.251 sono scuole e 547 ospedali. Ma è bene sottolineare che i dati non sono "storici" appartengono alla cronaca quotidiana, o quasi.
A novembre scorso varie parti d'Italia (soprattutto in Toscana che è stata colpita anche nel mese di marzo) sono andate sott'acqua e l'ultima frana, in Umbria, ha provocato il deragliamento di un treno. Dal 1950 al 2012, secondo uno studio del Cnr, si sono registrati 1.061 eventi franosi e 672 eventi di inondazione, con 9.000 vittime e oltre 700mila tra sfollati e senza tetto. Alcuni dati dell'Ance affermano che tra il 1944 e il 2011 il danno economico prodotto in Italia dalle cosiddette calamità naturali supera 240 miliardi di euro, in media 3,5 miliardi all'anno e le calamità' idrogeologiche hanno contribuito per il 25% dei danni.
«Gli interventi proposti non possono ovviamente garantire l'eliminazione del rischio idraulico, che deriva da eventi di carattere eccezionale non governabili, ma risultano fondamentali al fine di rendere meno fragile il territorio, riducendo il rischio idraulico», sottolinea l'Anbi. Si tratta di manutenzioni straordinarie delle opere di bonifica idraulica, di opere di sistemazione e regolazione idrauliche e di ripristino di fenomeni di dissesto. La maggioranza degli interventi riguardano l'Emilia Romagna (1.051 per 836 milioni); il Veneto (582 per 1,4 miliardi); la Toscana (340 per 1 miliardo); il Lazio 347 per 628 milioni); la Campania (252 per 628 milioni).
«Vogliamo costituire un'alleanza con Comuni, Regioni e associazioni ambientaliste - ha aggiunto Gargano per dire al governo che verrà che la sfida idrogeologica e la vera sfida che attende il Paese. La volontà del potere esecutivo e di quello legislativo deve essere unanime per assumere i necessari provvedimenti, perché non è più sufficiente, come avvenuto nel recente passato, che siano stipulati Accordi di programma tra Stato e Regioni, rimasti inattuati, giacché le previste risorse sono state destinate ad altre finalità», ha concluso il presidente Anbi.
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