Prendo spunto dall’articolo di fondo di Domenica 14 Aprile di Cristiano Bendin sul Resto del Carlino per fare qualche riflessione rispetto alle prospettive di sviluppo che ha il territorio ferrarese. Non vi è dubbio che in un momento di crisi come quello che pervade il nostro già fragile tessuto economico tutte le energie sono volte a tamponare le situazioni di crisi. Ma è anche necessario, seppur in un contesto ove le decisioni vengono prese ben fuori le mura locali, metter in campo una “visione” di territorio, un’idea su come sviluppare le potenzialità che da noi sono presenti.
E partiamo dalla città: una città con un impianto urbanistico tra i più moderni di Europa, Patrimonio Unesco che giustamente ha puntato sulla cultura come elemento caratterizzante del suo sviluppo. Ma anche una città con un‘Università piccola ma vivace. Una città che non ha le migliaia di capannoni legati alla piccola media industria ma che ha un Polo chimico che nella storia ha vissuto crisi importante ma che è ancora sede di un centro di ricerche fra i più importanti nel mondo. Un patrimonio edilizio che pur se ben conservato, nella parte del costruito del dopoguerra, necessita di una ristrutturazione importante, una città vicina al fiume più importante d’Italia e che è ad esso collegata attraverso il Parco Bassani, grande intuizione delle politiche urbanistiche degli anni 70. Una città dove ci si continua a muovere in bicicletta, dove la vita è “lenta”.
Queste ed altre caratteristiche ci dicono che Ferrara può essere davvero un modello di sviluppo all’interno di un percorso che oggi come Paese dovremo intraprendere con radicalità: la cosiddetta green economy. Cultura, turismo, chimica verde, energie rinnovabili, edilizia sostenibile, agicoltura di qualità, mobilità sostenibile, riciclo dei rifiuti sono settori su cui possiamo puntare per tornare a vedere un futuro.
E non solo la città: penso al Parco del Delta, grande incompiuta, ai corridoi verdi che attraverso il Po uniscono attraverso un’infrastrutturazione ecologica la Città al mare, alle piccole ma importanti emergenze ambientali che sono sul nostro territorio, alle sagre paesane. Alla grande opportunità che offrirà l’Idrovia ferrarese, un’opera che non solo consente di sviluppare una modalità di trasporto merci assolutamente ecologica ma che può consentire di unificare e collegare meglio le nostre realtà territoriali.
Penso anche a quelle imprese che nel settore agricolo, della trasformazione stanno faticosamente puntando sui prodotti locali, sul biologico. Oppure a quelle aziende collocate nel Alto ferrarese che anche in settori come la meccanica di precisione stanno cercando sempre di più mercati internazionali.
Se questo quindi può essere un modello per il futuro del territorio lavoriamo insieme per una riconversione di parte della nostra chimica verso un modello più “verde”, lavoriamo perché si sfruttino tutte le possibilità nel campo delle rinnovabili partendo dai giacimenti geotermici presenti nel nostro sottosuolo, si riprenda in mano il grande tema del Parco del Delta facendo una battaglia perché diventi un Parco nazionale, si colga l’opportunità dell’idrovia per farne un grande progetto europeo di mobilità sostenibile. Ragioniamo su come possiamo avere aziende pubbliche efficienti e moderne in grado di accompagnare questa sfida. Pensiamo a come trasformare una catastrofe come quella del terremoto in un’opportunità per una ricostruzione più moderna e ambientalmente sostenibile.
Cambiare è sempre difficile, tante sono le resistenze, molte le contraddizioni, spesso le paure. Non lasciamoci pervadere dal clima di sfiducia e dalle polemiche a volte utili ma spesso inconcludenti.
La situazione è certamente grave e tutto il nostro impegno deve essere messo per difendere il lavoro oggi, per dare ossigeno alle imprese adesso, ma non rinunciamo a guardare oltre, lo dobbiamo soprattutto ai nostri giovani.
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