10/04/13
È boom delle piccole rinnovabili ma con poco autoconsumo Secondo i numeri dell'Autorità, la maggior parte dell'energia generata dagli impianti fino a 10 MW di potenza è venduta in rete
Le rinnovabili viaggiano veloci nella generazione distribuita, guidate dal boom del fotovoltaico. Gli impianti di piccola e media taglia per produrre energia elettrica (con potenza inferiore a 10 MW), sono raddoppiati in un solo anno, da quasi 160.000 nel 2010 a più di 335.000 nel 2011. Secondo l’ultimo rapporto dell’Autorità per l’energia, tutti questi impianti hanno assicurato due anni fa circa 29 TWh di elettricità (9,7% dell’intera produzione nazionale), con un’impennata di oltre 9 TWh rispetto ai dodici mesi precedenti. La generazione distribuita poteva contare su quasi 18 GW di potenza totale installata, pari al 14,6% circa della capacità complessivamente disponibile in Italia.
Il fotovoltaico ha dominato la classifica grazie a più di 330.000 impianti attivi nello Stivale, capaci di produrre oltre 10 TWh con 12,2 GW di potenza. Poi troviamo 2.549 sistemi idroelettrici (2,4 GW installati per un output pari a 8,6 TWh), tallonati da quelli termoelettrici che comprendono varie tecnologie: biomasse, biogas e bioliquidi, rifiuti solidi urbani, altre fonti non rinnovabili. Il settore termoelettrico “distribuito” ha così fornito 9,5 TWh con 2,7 GW di potenza. Infine l’eolico: 587 impianti per 539 MW di capacità e 0,8 TWh generati. Quindi oltre l’80% dell’energia assicurata dagli impianti di piccole e medie dimensioni era di origine rinnovabile, di cui la fetta maggiore (35,4%) proveniente dal fotovoltaico. Il panorama è molto diverso da quello fotografato dall’Autorità per la produzione totale di elettricità nel nostro Paese: considerando anche le grandi centrali, infatti, le fonti tradizionali hanno rappresentato il 72,5% del mix nel 2011.
Dove finisce l’energia delle piccole rinnovabili? Secondo i dati dell’Aeeg, solo il 23% è stato autoconsumato, mentre il 74,5% è stato immesso in rete (e un 2,5% utilizzato per servizi ausiliari). La quota di autoconsumo è molto bassa (13,4%) tra gli impianti green, al contrario di quelli termoelettrici che hanno impiegato sul posto il 66% della produzione. Come si legge nel rapporto dell’Autorità, «gli impianti termoelettrici classici nascono per soddisfare richieste locali di energia elettrica e calore […] mentre quelli alimentati da fonti rinnovabili nascono prevalentemente per sfruttare le risorse energetiche diffuse sul territorio». Concentrando l’attenzione sul fotovoltaico, dal rapporto emerge che le installazioni con pannelli sono quasi raddoppiate dal 2010 al 2011, che la potenza installata è triplicata e che l’energia prodotta è addirittura quintuplicata. Allo stesso tempo, è diminuita dal 38 al 23,6% la quota di elettricità direttamente consumata.
Appare quindi evidente, è il commento dell’Autorità, «che numerosi impianti fotovoltaici sono stati realizzati, anche per effetto degli incentivi molto generosi, per immettere la propria produzione e non per soddisfare i consumi in loco». In altri termini: per guadagnare con le tariffe extra del Conto energia piuttosto che per coprire la domanda elettrica sul posto. Soprattutto nelle zone del Sud, per esempio in Puglia, dove si trovano molte centrali fotovoltaiche costruite a terra per vendere alla rete ingenti quantità di elettricità verde. In alcune regioni del Centro e del Nord, invece, c’è un maggiore equilibrio. Molti sistemi solari vantano potenze installate inferiori, costruiti su tetti e coperture per produrre l’energia necessaria ai consumi degli edifici.
Nascono qui i problemi dello sbilanciamento, comuni agli impianti di tutte le taglie: l’output delle rinnovabili può creare squilibri e inefficienze sulle linee di distribuzione, perché si tratta di energia difficilmente programmabile (dipende da caratteristiche meteorologiche come irraggiamento e ventosità). Il rischio è che ci sia troppa elettricità disponibile rispetto alla richiesta, causando congestioni. O, al contrario, che l’output delle rinnovabili sia troppo scarso, chiedendo un maggiore apporto delle fonti tradizionali. Sono gli sbilanciamenti che l’Autorità vuole limitare, facendo pagare i relativi oneri a tutti gli operatori delle rinnovabili. (Energia24)
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