21/04/13

Corte dei Conti Ue: «Necessaria migliore pianificazione di bonifiche siti militari e industriali dismessi»

Ignorate alcune normative sugli aiuti di Stato

Una nuova relazione della Corte dei conti europea ("Le misure strutturali dell'Ue hanno sostenuto con successo la riqualificazione dei siti industriali militari dismessi?"), invita la Commissione europea a migliorare la gestione dei progetti di riqualificazione dei cosiddetti siti dismessi, gli ex siti militari ed industriali abbandonati e spesso inquinati.

Henri Grethen, il  responsabile della relazione della Corte dei conti Ue sottolinea che «Il retaggio dell'inquinamento dei siti dismessi nell'Ue continua a rappresentare un significativo problema. I progetti di riqualificazione cofinanziati dall'Ue hanno realizzato le trasformazioni promesse, ma i progressi sono stati spesso lenti ed i posti di lavoro creati sono stati inferiori a quanto previsto. Il principio "chi inquina paga" si è rivelato pressoché impossibile da applicare nella pratica e non vi sono meccanismi sufficienti che permettano alle autorità pubbliche di recuperare quanto investito nel caso in cui i progetti generino più introiti del previsto. In questo contesto, i fondi necessari per porre rimedio a questo inquinamento storico dovranno probabilmente ancora provenire dai bilanci pubblici». Difficile non concordare con la relazione e nell'individuare - almeno in Italia anche se il rapporto non la prende in esame tra i progetti studiati - nella cattiva politica e pessima burocrazia il principale colpevole di una situazione che va avanti da decenni.

Ecco cosa dice in sintesi il rapporto:

Negli scorsi decenni, sempre più siti industriali e militari abbandonati (cosiddetti siti dismessi) sono divenuti disponibili. Si stima che il loro numero in Europa vada da qualche centinaio nei piccoli Stati membri a qualche centinaio di migliaia negli Stati membri più grandi con un importante passato industriale. Molti siti dismessi sono contaminati. La riqualificazione e il riutilizzo dei siti dimessi viene promossa dalle misure strutturali dell'Ue al fine di proteggere la salute umana e l'ambiente e attenuare gli effetti dell'espansione urbana. L'audit della Corte ha inteso appurare se gli obiettivi dei progetti siano stati raggiunti, se il sostegno dell'Ue  sia stato orientato sulla base di criteri solidi e se i risultati siano stati ottenuti al più basso costo possibile per il bilancio dell'UE. La Corte ha controllato direttamente la performance di 27 progetti di riqualificazione (nessuno italiano) ed esaminato gli strumenti usati dagli Stati membri per la riqualificazione dei siti dismessi, strumenti che costituiscono il quadro per gli specifici interventi cofinanziati.
La Corte ha concluso che:

a) i risultati delle opere di bonifica non sono sempre certificati in modo appropriato e vi sono ampie differenze tra i valori di screening della contaminazione del suolo stabiliti a livello nazionale. La maggior parte dei progetti ha conseguito i propri obiettivi in termini di realizzazioni materiali, ma in molti casi i terreni e gli edifici riconvertiti non sono stati destinati all'uso previsto; la creazione di posti di lavoro è stata inferiore alle attese. Due fattori principali concorrono a spiegare i modesti risultati ottenuti: la recessione economica e l'assenza di una solida analisi di mercato giustificante lo sviluppo dei siti, oppure il fatto che di tale analisi non si sia tenuto conto. Tutti i progetti avevano alcune caratteristiche chiave che favorivano la loro sostenibilità sul più lungo termine, ma solo due terzi di essi facevano parte di un piano di sviluppo integrato;

b) in tutti gli Stati membri, la politica in materia di siti dismessi è principalmente attuata tramite strumenti di pianificazione locali, che promuovono l'applicazione di alcune migliori pratiche essenziali, nella fattispecie quella di preferire la riqualificazione di siti dismessi allo sviluppo di nuove aree, ma raramente promuovono l'uso temporaneo di siti dismessi. Tuttavia, l'assenza di registri completi e adeguati dei siti dismessi, che includano anche i siti contaminati, complica la definizione delle priorità. I regolamenti dei Fondi strutturali non richiedono un piano di sviluppo integrato, e il riutilizzo dei siti dismessi (da preferire rispetto allo sviluppo di nuovi siti in aree a verde) non viene adeguatamente sostenuto;

c) i risultati avrebbero potuto essere ottenuti ad un costo minore per i bilanci nazionali e dell'Ue, dato che per 9 progetti la sovvenzione non era giustificata da una valutazione delle entrate e, una volta questa effettuata, nella metà dei casi sono state osservate carenze. I fondi nazionali e dell'Ue hanno anche coperto parte del costo della bonifica ambientale, dato che il principio "chi inquina paga" non è stato pienamente applicato e alcune disposizioni normative in materia di aiuti di Stato sono state ignorate. I regolamenti dei Fondi strutturali e specifiche disposizioni delle decisioni di sovvenzione per progetti di riqualificazione non offrono sufficienti possibilità di recuperare il sostegno pubblico nel caso i progetti generino più reddito del previsto.

La Corte raccomanda:

a) agli Stati membri di richiedere ai promotori di effettuare un'analisi di mercato e di considerare le opzioni per un possibile utilizzo futuro dei siti dismessi. Gli Stati  membri dovrebbero porre come condizione obbligatoria che i progetti di riqualificazione dei siti dismessi siano parte di un piano di sviluppo integrato e che i risultati della bonifica siano certificati da un'autorità competente o da un organismo accreditato;

b) agli Stati membri di prendere in considerazione la definizione di strategie di riqualificazione dei siti dismessi, includenti chiari valori-obiettivo e di evitare l'utilizzo di nuovi siti in aree a verde se non strettamente necessario e, in caso contrario, imporre l'applicazione di misure compensative; di valutare le misure da adottare per i siti problematici, posseduti da privati, i cui proprietari non intraprendano le azioni necessarie; e di considerare di lasciare più frequentemente a verde, per un periodo provvisorio, i siti riqualificati, nonché di creare registri di siti dismessi e contaminati con informazioni standardizzate sufficienti, che permettano di stabilire un ordine di priorità per gli interventi;

c) agli Stati membri di valutare in modo approfondito i deficit di finanziamento per ciascun progetto. Gli Stati membri dovrebbero pretendere che l'applicazione del principio "chi inquina paga" diventi un requisito necessario per la concessione del finanziamento dell'Ue. Essi dovrebbero applicare le disposizioni dei regimi di aiuti di Stato concordati con la Commissione. Gli Stati membri dovrebbero includere, in tutte le decisioni di sovvenzione relative a progetti di riqualificazione, una clausola di rimborso che permetta loro di riesaminare la performance finanziaria dei progetti alla luce di quanto avvenuto nel corso di un periodo più lungo (ad esempio, 15 anni) e, ad esempio, di recuperare, in tutto o in parte, la sovvenzione nel caso i progetti generino entrate maggiori del previsto. La Commissione dovrebbe monitorare l'applicazione di tali clausole di rimborso;

d) alla Commissione di proporre, in cooperazione con gli Stati membri e sulla base di prove scientifiche e di migliori pratiche, norme Ue per la definizione di «sito contaminato» e per la gravità dei rischi ambientali e sanitari causati da tali siti, nonché di proporre una metodologia per la definizione di standard di bonifica specifici per i siti, che tengano conto dell'utilizzo finale degli stessi. La Commissione dovrebbe promuovere l'applicazione di un approccio di sviluppo integrato, disponendo che i progetti cofinanziati di riqualificazione dei siti dismessi siano inclusi in un piano di sviluppo integrato;

e) alla Commissione e agli Stati membri di sostenere l'applicazione di migliori pratiche nella riqualificazione dei siti dismessi, e di preferire la riqualificazione dei siti dismessi rispetto all'utilizzo di nuovi siti in aree a verde.


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