La relazione finale della Commissione parlamentare d'inchiesta sul
ciclo dei rifiuti tossici taccia i servizi segreti italiani come
complici, "condizionati da ragioni inconfessabili", della 'ndrangheta.
Le
navi a perdere. Le navi dei veleni. Quelle imbarcazioni che, tra gli
anni ottanta e novanta, hanno abbandonato le nostre coste per poi
inabissarsi a largo, lontane da occhi indiscreti, sparite nel nulla al
fondo del mare. E, con loro, quintali di rifiuti tossici.
E' uno dei
misteri italiani, quello delle navi della 'ndrangheta. Perché sì,
c'entra pure la mafia. Gioca il ruolo chiave: quello dell'esecutrice dei
naufragi, colei che si è arricchita a spese della salute pubblica e
dell'ambiente. Ma da chi, la mafia, prendeva gli ordini? Si è sempre
parlato di Servizi Segreti, con qualche remora. Non è semplice accusare
gli 007 italiani, nonostante numerose deposizioni del pentito Francesco
Fonti tacciassero gli agenti come complici del business in grado di far
lucrare guadagni esorbitanti. Ma, ora, la relazione finale
della Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti ha,
forse, messo fine ai dubbi. In essa, pubblicata sul sito della Camera
dei Deputati, si parla di silenzi, omissioni, superficialità e
complicità dei servizi segreti, “condizionati da ragioni
inconfessabili”. Una conclusione che finisce con il coincidere con ciò
che gli ambientalisti denunciano da anni: la magistratura non è stata
supportata sufficientemente nell'ambito delle indagini sui traffici
transnazionali dei rifiuti radioattivi nel mar Mediterraneo.
“Uno scandalo in cui viene stigmatizzato dalla stessa Commissione il ruolo dei servizi segreti, inefficaci, negligenti o addirittura condizionati da ragioni inconfessabili”, ha commentato Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente. “E' importante il riferimento che viene fatto dalla stessa Commissione a indagini recentissime che stanno alzando il velo sui traffici internazionali di rifiuti. Quella che emerge è l'esistenza di modalità e meccanismi illeciti che richiedono una 'competenza' accumulata negli anni da trafficanti e organizzazioni criminali”. L'inchiesta della Commissione parlamentare ha passato in rassegna numerosi episodi che ebbero a che fare con il mercato dei veleni. Di rilevanza essenziale è stata la testimonianza dell'ormai defunto collaboratore di giustizia Francesco Fonti, 'ndranghetista che per anni fu esecutore materiale dei naufragi. Lui aiutò a ricostruire la mappa dei relitti, sebbene molti dubbi siano ancora irrisolti e alcune navi non ancora recuperate né, tanto meno, individuate. In un passo della relazione, si legge come Fonti abbia sempre dichiarato “sia pure modificando talvolta versione, che il traffico e lo smaltimento illecito dei rifiuti radioattivi venivano gestiti dalla ’ndrangheta calabrese sulla base delle indicazioni fornite dai politici, i quali rappresentavano, a loro volta, il punto di riferimento delle grosse multinazionali operanti a livello europeo. In sostanza, poiché le grosse imprese non potevano lecitamente smaltire tutti i rifiuti prodotti, in quanto parte del materiale di scarto non era riconducibile alle linee di produzione legittimamente effettuate dalle imprese, l’unica possibilità di smaltimento era attraverso canali illeciti.
Articolotre Redazione
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