Veleni, mancava solo la prova del “relitto”
Intervista a Nuccio Barillà, presidente Legambiente Calabria
Se esistono, ancora, “capitani coraggiosi” uno di questi è sicuramente Nuccio Barillà. Conobbi Nuccio nel 1987, nella Piana di Gioia Tauro, piena di popolo calabrese, per dire No alla centrale a carbone. Allora la Legambiente era in prima fila, in Calabria, contro la base degli F16 che si voleva costruire a Crotone, e contro la deturpazione della piana di Gioia Tauro. Da allora, Nuccio non ha perso un solo colpo, diventando un punto di riferimento per tutte le battaglie ambientaliste avvenute in Calabria. Nuccio Barillà, fu il primo a denunciare al procuratore della Repubblica Francesco Neri, nel giugno del 1995, l’attività della ‘ndrangheta nel traffico di rifiuti tossici e i nascondigli che questa usava nell’Aspromonte e nel mare della Calabria per sotterrare e affondare i veleni tossici. La prima nave che, la Legambiente, indicò, come “nave fantasma” che trasportava rifiuti radioattivi, fu la Korabi. Da quella data in poi seguirono una serie di segnalazioni sugli affondamenti delle navi sempre più allarmanti, fino a giungere al caso della Cunsky, che il pentito di mafia Fonti , indicò affondata da egli stesso nel mare di Cetraro. La Legambiente e Nuccio Barillà, in Calabria, fece sua la battaglia sulla conoscenza di tale traffico. Nuccio Barillà è oggi membro della segreteria nazionale della Legambiente e sicuramente, oggi più che prima, diventerà portatore, in sede nazionale, delle questioni meridionali legate, non solo alla difesa dell’ambiente ma anche alle organizzazioni criminali che vi lucrano nel territorio. Dopo le vicende legate al rapporto approvato dalla Commissione parlamentare sul traffico dei rifiuti, presieduta dall’onorevole Pecorella, che ha riaperto in modo clamoroso il caso sulla morte del capitano Natale De Grazia, pongo alcune domande a Nuccio Barillà, che ringrazio per la sua disponibilità.
Tu sei uno dei pochi ambientalisti che da anni segue da vicino la questione sulle navi dei veleni.
Secondo te c’è stata da parte della politica istituzionale una sottovalutazione del fenomeno sul traffico dei rifiuti tossici o possiamo parlare di connivenze vere e proprie?
L’esperienza di questi 20 anni di storia infinita hanno radicato in me la convinzione che non tanto dipeccati di sottovalutazione vadano accusate le istituzioni, seppure con opportuni distinguo, ma di veri e propri peccati di omissione. In qualche caso hanno pesato superficialità, inadeguatezza, mancanza di mezzi e di sostegni, inesperienza ma essenzialmente la verità è che non si è mai voluto andare fino in fondo.
Secondo te perché?
Per la paura che venissero a galla, insieme ai veleni delle navi, verità ancora oggi scomode, responsabilità di personaggi e pezzi dello Stato- infedeli o di malintesa fedeltà -che hanno lasciato fare o, peggio, hanno aiutato a fare. In queste vicende, come tu stesso hai più volte denunciato, ci sono complicità, depistaggi, connivenze, tanta gente che gira la testa da un’altra parte e fa finta di non vedere. C’era un imbarazzo legato a probabili e in parte individuati, collegamenti con poteri forti, criminalità organizzata, logge massoniche, servizi deviati e interessi stranieri, a partire dai così detti, ma è un’espressione ambigua che non mi piace, “Stati Canaglia”
Mi faresti qualche esempio?
Te ne faccio uno, non a caso. Finalmente, nella relazione sull’affare De Grazia ha un nome il teste, chiamato in codice “Bill”, sentito dai magistrati nel marzo 1995. È l’ingegnere dell’Enea Carlo Giglio. Questi ha dichiarato come l’ ente di cui era funzionario sarebbe stata infiltrata dalla massoneria per il cui tramite, avvalendosi della copertura dei servizi deviati, sarebbero avvenuti i traffici illeciti di materiali nucleari e il loro smaltimento in mare o tombamento a terra. Dalle sue
dichiarazioni, è emerso anche il fatto che la registrazione degli scarti nucleari da parte dello stesso Enea, veniva truccata per rendere incontrollabile il movimento in entrata e in uscita, escludendo in particolare il plutonio dalla contabilità. Del resto, il compianto procuratore Pace e la sua collega Genovese, che ne prese il posto a Matera, nel corso delle indagini avevano acquisito la prova provata che l’Italia aveva ceduto clandestinamente tecnologia militare all’Iraq e che ospitava alla Trisaia in Basilicata tecnici del Paese di Saddam Hussein che “andavano e venivano” per essere istruiti. Per non parlare del ruolo del famigerato Comerio, con quello che gli ruotava intorno, o dell’affare Somalia.
Insomma brutte storie. Anche il ruolo dei servizi segreti di Stato in queste vicende appare piuttosto ambiguo...
Rimane uno dei punti più oscuri e delicati, un intreccio tra collaborazione e defezione, su cui andrebbe fatta chiarezza. Per esempio, tra i documenti desecretati allegati alla relazione sul caso De Grazia c’è ne uno proveniente dal Copasir stando al quale, nel 1994, l’allora Governo Dini ha messo a disposizione del Sismi 500 milioni di lire per “servizi di intelligence connessi al problema del traffico di rifiuti radioattivi e armi”. Come siano stati spesi questi soldi, per quali servizi, per quali interessi non è dato sapere. Per i tombamenti a terra emerge la “zona mista” tra Stato e antistato e il ruolo di “service”, per il lavoro sporco, della ndrangheta. Sono, notare la coincidenza, gli anni in cui parte la denuncia iniziale di Legambiente ai giudici di Reggio Calabria, la miccia dell’inchiesta destinata a diventare quasi planetaria.
Come si spiega che sono i giudici (a parte alcuni come Neri, Giordano e Pace) a archiviare le inchieste nonostante vi siano prove ed indizi schiaccianti su tutta la questione?
Il paradosso è proprio questo: montagne di indizi e di prove, di collegamenti nazionali e interna
zionali accertati, non hanno portato a nulla se non ad archiviazioni, molte delle quali, hanno conclusioni lacunose e incoerenti, contrastanti con le stesse argomentazioni poste in premessa. Per quanto riguarda le navi radioattive è mancata solo la “prova del relitto” piuttosto che del delitto, perché non trovata o, forse, come pensiamo in tanti, non seriamente cercata. Per questo avevamo salutato come punto di svolta il ritrovamento del relitto a Cetraro.
C’è ancora il tempo per correre ai ripari o è definitivamente scaduto?
Se ci fosse la volontà politica questa ricerca la si potrebbe ancora fare, investendoci soldi a livello europeo e utilizzando le moderne tecnologie che consentono oggi risultati straordinari. Iniziando magari dalla Rigel che dal 1987 aspetta negli abissi marini al largo di Capo Spartivento, con il suo carico sospetto, forse di morte.
Io sono convinto che il comandante Natale De Grazia sia stato assassinato, ne sei convinto anche tu?
Sì. Fu il primo pensiero che mi balzò in mente alla notizia della sua morte che ricordo ancora come una sferzata in faccia, dolorosa e improvvisa: «l’hanno ammazzato, l’hanno tolto di mezzo». Questo rovello, questa convinzione, del resto condivisa con tanti cittadini e perfino giudici come Neri e Pace, da allora non mi ha più abbandonato. Avvertii subito, in quei giorni, e lo dissi apertamente, anche la sensazione, il timore che quella morte potesse rappresentare la pietra tombale sulla possibilità di trovare la verità relativa alle navi dei veleni. Purtroppo sappiamo tutti che fu così. Con la morte di De Grazia, si spense l’inchiesta vera, in quanto da essa ne venne estirpata l’anima. Oggi dopo l’ultima perizia del professor Arcudi e il contesto dell’intera vicenda ricostruito dalla Commissione, i contorni sono pressoché definiti, marcati da dati “analiticamente motivati e scientificamente inattaccabili”. Bisognerebbe solo prenderne atto e ripartire da qui. Invece...
Il giudice di Nocera è stato affrettato nella sua richiesta di archiviazione? Come sono andate le cose secondo te?
Quella del procuratore capo di Nocera, Giovanni Francesco Izzo, è stata una decisione per noi incomprensibile e assolutamente inaccettabile che ci ha abbastanza sconcertato. Sicuramente frettolosa anche perché espressa senza aspettare di prendere conoscenza della relazione sul caso De Grazia approvata dalla Commissione che era logico pensare che gli sarebbe stata trasmessa appena approvata. In tale documento, oltre al contenuto della perizia, viene delineato, attraverso episodi precisi e circostanze dettagliate, il clima di pressioni, di minacce e di esposizione in cui operava il
pool, di cui Natale De Grazia era il motore, poi, smembratosi dopo la sua morte. Nuovi elementi
scottanti su cui indagare. Per questo abbiamo lanciato un appello al giudice per le indagini preliminari affinché venga rigettata la richiesta d’archiviazione.
Il Procuratore ha affermato che la causa reale del decesso poteva essere accertata con una autopsia immediata al momento del fatto. Ha aggiunto che «non averla fatta non è da addebitare come negligenza ad alcuno»
Su questo avrei molti dubbi. La Commissione stessa, peraltro, ha accertato che le perizie medico-legali superficiali, inadeguate e sbagliate effettuate a suo tempo, non furono solo responsabilità di chi
le ha eseguite ma anche, sono da attribuirsi alla «superficialità e forse inesperienza di chi aveva posto i quesiti con scarsa puntualità e poco finalizzati». Per i giudici di Nocera Inferiore questo dovrebbe servire ad avvertire la riapertura delle indagini come un obbligo morale in più.
È soprattutto un dovere in particolare nei confronti dei famigliari, non credi?
Certamente. A proposito dei famigliari, alla luce dell’esclusione della causa naturale del decesso
del loro congiunto, è arrivato anche il momento di riconoscere quanto previsto dalla legge 466 de 1990 per le “vittime del dovere”, riservato a servitori dello Stato morti nel contesto di missioni particolarmente rischiose. Questo riconoscimento finora non c’è stato. Un altro paradosso, una vergogna.
Intanto al giudice Neri vengono inviate cartoline..
Ci sono fili del passato che fanno paura perché potrebbero venire collegate agli intrallazzi del presente, cassetti segreti che gente come Neri può aiutare a scardinare e invece non vanno aperti. Senza escludere i depistaggi: si attira magari l’attenzione sulla Turchia per distogliere lo sguardo da altre luoghi, porti, compagnie di navigazione. Intanto il pentito Misiano parla degli accordi mafia-drangheta di fine anni novanta sul commercio di uranio impoverito.
Ci sono speranze con il nuovo governo di avere una svolta sulla questione delle navi dei veleni o la presenza in Parlamento di molti giudici, fra i quali l’ex procuratore Grasso, possa di nuovo affossare tutto?
Intanto, dopo lo tsunami elettorale, la pattuglia dei giudici, ammesso che fosse quello il problema, si è assottigliata ed è incerto perfino che si possa formare un governo. Ad ogni modo la svolta potrebbe venire solo da forze fresche entrate in Parlamento se andassero a rafforzare l’impegno dei pochi parlamentari che già in precedenza hanno lavorato bene, prendendo veramente a cuore il problema come mission e abbattendo la palizzata. Mi pare più improbabile che contributi in questa direzione possano venire da parlamentari, come l’ex magistrato Grasso, che apprezzo per molte cose ma che, nella vicenda delle navi dei veleni, resta “l’uomo del caso è chiuso”.
Come reputi a proposito il lavoro fatto dalla commissione presieduta dall’onorevole Pecorella?
Per quanto riguarda il “caso De Grazia” il lavoro della Commissione può ritenersi soddisfacente, con segnalazione particolare dell’impegno del suo relatore Alessandro Bratti. Soddisfacente per i risultati cui è approdata, ma anche per gli strumenti che ha offerto ad auspicabili approfondimenti in sedi adeguate, a cominciare dalla perizia medica e dai documenti a cui si è scelto di togliere il segreto per renderli consultabili. Certo non mancano le perplessità. Personalmente non riesco a capire, s’é quasi una fissazione, come mai non sia stato ascoltato, l’ingegnere delle scorie, Giorgio Comerio. L’ho chiesto e mi è stato risposto che è irreperibile, introvabile. Sarà. Intanto però quest’uomo, al centro dei traffici, può continuare tranquillamente le sua attività, dalla Tunisia o da altri luoghi e gestisce perfino un sito internet.
Per quanto riguarda invece la relazione -madre sulle navi e sull’intrigo radioattivo, di cui quella su De Grazia è un estratto, appena verrà approvata - cosa che auguriamo avvenga al più prestola esamineremo con attenzione e senza pregiudizi, augurandoci di non rimanere delusi. In ogni caso, è certo che noi andremo avanti nella nostra azione di denuncia e di ricerca della verità in difesa dei nostri territori, a tutela della salute dei cittadini e dei diritti costituzionali calpestati. Soprattutto della memoria di gente coraggiosa come il capitano De Grazia.
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