Imprese sociali riuso danno lavoro a 40mila in Ue nuova vita a oggetti e impiego a persone a rischio poverta'
Dal tavolo al divano, fino al pc, all'abito e alla bicicletta: nei
negozi delle 'imprese sociali' del riuso e riciclo si trova di tutto, a
prezzi politici. La loro marcia in più è che non solo ridanno nuova vita
ad oggetti altrimenti destinati alla spazzatura, ma creano lavoro per
persone a rischio povertà, con problemi mentali, ex detenuti, disabili,
senza contare la vendita sul mercato di articoli a prezzi accessibili.
Complice anche la crisi economica, il fenomeno si sta allargando in
Europa e il network Rreuse conta 22 membri in 12 Paesi europei, con
oltre quarantamila dipendenti a tempo pieno e 110mila volontari.
"La
missione delle imprese sociali - racconta Paolo Ferraresi,
amministratore di Rreuse è quella di creare lavoro, attraverso le
attività di preparazione per il riuso, che comprende raccolta,
selezione, riparazione, messa in vendita e in alcuni casi servizio post
vendita. Il riuso genera decisamente più posti di lavoro rispetto
all'industria del riciclo, che nel caso della categoria degli articoli
elettrici ed elettronici diventa di circa dieci occupati contro uno".
Alcuni dei membri di Rreuse sono già dei veri e propri giganti, come la catena Kringwinkel nelle Fiandre, in Belgio o la rete ENVIE in Francia. "I Kringwinkel sono conosciuti sul territorio - afferma Ferraresi - e hanno 118 negozi, 4 milioni di clienti all'anno e quasi 5mila impiegati, con un giro d'affari di 35 milioni di euro. E' stato calcolato che generano circa 1,5 euro per kg di materiale venduto". Il mercato del riuso delle imprese sociali è già globale e ogni area ha i suoi pezzi più gettonati, ma "alla fine si vende tutto". Tanto che dalle Fiandre partono container con divani un po' datati per gli Stati Uniti, dove invece sono molto richiesti.
Un principio base dell'impresa sociale è che non compra nulla. "Quello che vendiamo arriva solo da donazioni" precisa Ferraresi, che sottolinea come il valore dei materiali recuperati negli ultimi anni sia letteralmente esploso. Anche grandi catene di abbigliamento come H&M danno buoni del valore di qualche euro ai clienti che consegnano almeno tre vestiti vecchi. Cosa ne fanno? "Arrivano ad una società tedesca che li trasforma soprattutto in prodotti per l'isolamento e per interni di automobili" racconta l'amministratore di Rreuse. Sottratti al mercato locale dell'usato, questi vestiti vengono così indirizzati direttamente al riciclo, a vantaggio del rivenditore di abiti nuovi.
In Francia l'impresa sociale 'Envie' è riuscita a stipulare accordi con i consorzi di raccolta e riciclo. "Loro recuperano il 25% di tutte le apparecchiature elettroniche destinate come rifiuti in Francia - dice Ferraresi - e quelle da riutilizzare saranno il 5-10% al massimo, il resto va in riciclo. Le apparecchiature vendute da Envie poi sono fornite con una garanzia di un anno". Il fenomeno delle imprese sociali del riuso dovrebbe diffondersi grazie alle normative europee. Con il recepimento di una nuova direttiva nei prossimi mesi, "gli Stati membri dovranno creare centri di riuso spiega l'amministratore di Rreuse dove la gente porta gli oggetti di cui si deve disfare. Saranno necessari addetti soprattutto alla selezione e noi stiamo lavorando per la standardizzazione di questi centri". Il problema è che un target di riuso ancora non c'é, quindi non ci sono incentivi a rifornire direttamente queste imprese, anche se sociali. In Italia l'unico membro di Rreuse per ora è l'associazione Orius, vicino Bologna, una piccola realtà che si occupa molto di giardinaggio e sta cercando di creare un centro di compostaggio, oltre che di lavorare sugli scarti di materiali di costruzione.
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