15/02/13

Siracusa lente di ingrandimento sulla chimica di base

 Il presente documento testimonia la volontà di una rete di Amministratori, Osservatori chimici territoriali, di coordinarsi al fine di ottenere risposte concrete a criticità reali che stanno colpendo i luoghi della chimica di base, di cui nessuno parla.

I territori, con le scelte programmatiche locali, hanno la dignità di essere al centro delle agende politiche nazionali, anzi di determinarle e guidarle.

La chimica di base in Italia, silenziosamente, sta subendo da anni una grave emorragia. Grandi aziende a cui fanno capo settori che si potrebbero considerare strategici per la competitività dell’intero sistema industriale del Paese, proprio come la chimica di base, il cui pesante ridimensionamento subito negli ultimissimi anni e tuttora in corso o esplicitamente annunciato, pur preludendo alla definitiva scomparsa di un comparto portante per l’industria italiana, sta passando inspiegabilmente sotto silenzio. Il riferimento è essenzialmente alle tre principali filiere della petrolchimica superstiti in Italia: polietilene, polipropilene e pvc. E anche alle raffinerie, fonte primaria della chimica derivante dal petrolio. Porto Torres, Priolo, Gela, Ragusa, il quadrilatero padano (Marghera, Ferrara, Ravenna, Mantova), Terni, Brindisi. Realtà industriali importanti, solide colonne del manifatturiero e delle esportazioni del made in Italy in tutto il mondo, sono ormai ridotte a luoghi in dismissione in cui l’incertezza del domani è ormai una amara certezza. Dopo aver occupato in passato posizioni di leadership mondiale in alcuni ambiti della petrolchimica, l’Italia è oggi, tra i Paesi europei più industrializzati, quello con il più elevato deficit della bilancia commerciale nel comparto della chimica di base, pari a circa 10 miliardi di euro, dato che diventa ancora più significativo se si confronta con quello europeo, dove invece si registra un surplus pari a circa 47 miliardi. I poli chimici italiani ancora oggi impiegano decine di migliaia di lavoratori, ma dappertutto incombe il tema della chiusura, ridimensionamento, licenziamenti. La chimica e le plastiche, nel mondo, sono richieste quanto un tempo e forse di più. Polietilene, polipropilene e pvc rappresentano, in ordine di fatturato, rispettivamente la prima, la seconda e la terza materia plastica al mondo. E la domanda di questi prodotti da parte dei trasformatori italiani è di assoluto rilievo.

Ben vengano avanti i prodotti “verdi”e la green economy, che occuperanno il nostro futuro, considerato che le sperimentazioni e l’innovazione, anche e soprattutto su questo filone, stanno andando molto spedite in tutto il mondo. La green economy rappresenta nel periodo di transizione in cui siamo, con un piede nel nuovo e uno nel vecchio, sia un fine che un mezzo per arrivare a nuovi modelli di sviluppo e di produzione, modelli ancorati ad un’economia circolare che mira al risparmio delle risorse ed al rispetto dell’ambiente. La green economy incarna una delle chiavi straordinarie per rilanciare su basi nuove e più solide la nostra economia e la chimica verde è uno dei settori di eccellenza, uno dei settori in cui l'Italia, grazie ad aziende di grande qualità, è all'avanguardia nel mondo. Bisogna puntare su innovazione, ricerca e qualità. Nel tempo la green economy e la chimica verde occuperanno spazi sempre più importanti e sempre più ampi; nel frattempo, però, la chimica di base, quella tradizionale sta facendo scuola in termini di efficienza e di innovazione.

E’ innegabile, infatti, che la chimica di base “evoluta, anzi innovata ed innovatrice” (serve al biomedicale, alla realizzazione di oggetti e strutture sofisticatissime e di pregio, a moltissimi settori industriali a valle anche della stessa chimica) deve ancora poter essere al centro dell’attenzione dei Governi e dei territori che la ospitano. Perché la chimica di base significa occupazione, lavoro qualificato, alta professionalità, ricerca ed innovazione trasferite, poi, all’intero sistema industriale. Tecnologie sofisticate, innovazione nei processi produttivi attenti al risparmio energetico, al risparmio di materie prime, al contenimento degli inquinanti, costituiscono prodotti importantissimi, esportabili a loro volta. A Ferrara, per esempio, da 70 anni, territorio caratterizzato dall’industria petrolchimica, si trova il Centro Ricerche di proprietà LyondellBasell, che nei primi anni 50 ereditò il patrimonio scientifico sviluppato dal Professor Giulio Natta, premio Nobel per la chimica grazie alla straordinaria invenzione del Polipropilene. Il passaggio dalla”invenzione” (realizzazione di laboratori) alla “innovazione” (creazione di applicazioni sul mercato) è avvenuta grazie ai sistematici e importanti sviluppi di ricerca di base e tecnologici realizzati appunto nel Centro Ricerche ferrarese. Oggi si corre il rischio di perdere non solo il know how di questo Centro di eccellenza, ma soprattutto la prospettiva per il futuro, di studio e di lavoro che esso ha sempre rappresentato. Sono stati già annunciati tagli alla ricerca che superano il 20% degli addetti (105 posizioni di lavoro). La competitività del settore passa attraverso la ricerca e la capacità di innovare.


Etilene, propilene, polietilene, polipropilene, pvc sono nomi a noi noti per aver caratterizzato la nostra storia e i nostri territori; per le produzioni e le esportazioni, per le multinazionali, per l’occupazione, per i controlli ambientali e sanitari, per i conflitti sociali e gli accordi di programma. I nostri territori sono quelli che un tempo hanno dovuto fare i conti con gli impatti ambientali e sociali che le produzioni di allora comportavano. Questi territori hanno lavorato, condiviso, lottato per il miglioramento e la qualità nel suo complesso; hanno anche saputo dare vita, partendo dalle criticità, ad eccellenze in fatto di modelli evoluti nel settore delle bonifiche, della qualità dell’aria, del risanamento ambientale, della sicurezza, restituendo ai cittadini cultura, innovazione, luoghi puliti e sostenibili, fiducia. E hanno offerto uomini e donne che con il loro operare hanno prodotto ricchezza e speranza.

Le norme nel frattempo, grazie anche alla maggiore consapevolezza e alla crescita culturale e sociale sono cambiate, i cicli produttivi si sono innovati ed orientati allo sviluppo sostenibile. Ora si produce in questo modo anche la chimica e la petrolchimica; si è creata innovazione in un settore strategico per lo sviluppo competitivo di un sistema industriale. Ed i controlli sull’ambiente hanno permesso di sollecitare l’adozione di soluzioni impiantistiche più sostenibili, che consentissero una riduzione significativa della Carbon Footprint e delle emissioni di inquinanti e CO2.
Dalla materia prima al rifiuto ricoprendo un ruolo industriale attivo e consapevole attraverso l’introduzione di sistemi efficienti e certificati, in collaborazione con le amministrazioni locali. Collaborando, in questo modo, anche a contrastare i cambiamenti climatici.

È importante, per non disperdere lavoro ed occupazione, buone pratiche aziendali, sane relazioni tra le parti (un esempio virtuoso è l’Accordo di Programma di Ferrara che ha condotto alle bonifiche delle matrici superficiali e della falda profonda, al monitoraggio dell’aria dell’intero polo, ecc), un patrimonio di medie e grandi imprese, efficienza amministrativa e politica locale, ritornare a credere in questo settore, nella ricerca e nello sviluppo industriale, puntando, oltre che al consolidamento e allo sviluppo delle attività presenti, a rendere questi siti appetibili per altri investimenti perché qui le potenzialità esistono. A tal fine diventa essenziale fare pressione per governare i costi energetici, quelli delle materie prime, i costi delle utilities che altrimenti frenano lo sviluppo dell’iniziativa imprenditoriale a livello nazionale e locale. La politica, quindi, deve saper creare le condizioni per rendere competitive le imprese che investono ed operano in Italia. Per trattenerle ed incentivarle qui. Dismettere le produzioni a monte rappresenterebbe inoltre un pericoloso arresto dei processi virtuosi, attivati o in fase di avvio o comunque significherebbe la mancata valorizzazione di grandissime potenzialità. Parlo, per esempio di tutte le azioni, partite o in fase di partenza, sul risanamento dei luoghi. Ricordo che alcuni di questi siti sono classificati SIN (siti di interesse nazionale), altri invece non lo sono.

I luoghi della chimica, i poli chimici, rappresentano per lo sviluppo industriale del Paese un’importantissima potenzialità per i servizi, le utilities, le professionalità presenti, le efficienti strutture distributive e la vicinanza a importanti infrastrutture di comunicazione, sono inoltre un crocevia tra la valorizzazione dell’innovazione sia dei processi produttivi per la chimica tradizionale che per la riconversione in chimica verde, che per investimenti nel settore del recupero dei materiali, realizzando così la chiusura del ciclo di vita dei prodotti. È impellente il bisogno di arricchire il Paese ed il locale di innovazione da realizzare attraverso un radicamento nei nostri luoghi, anziché all’estero, delle attività finalizzate ai nuovi prodotti di cui si farà sicuramente uso nel tempo, dai materiali in gomma per la sicurezza antisismica ai materiali per l’isolamento termico e l’efficienza energetica, all’energia stessa.

Dai territori possono partire gli stimoli per ricreare e riformulare la domanda e l’offerta, in funzione di rinnovati modelli di città, di consumo, di sviluppo. E la chimica, e in particolare la chimica di base, per le potenzialità che offre, è un’importante carta da giocare. Le interconnessioni produttive che caratterizzano i poli chimici italiani e il comune interesse di territori diversi alle sorti di una stessa filiera, rendono indispensabile una visione d’insieme dell’intero settore. Consolidamento della chimica di base e reindustrializzazione dei poli chimici in una logica di filiera e di innovazione, all’interno di un quadro di politica industriale assolutamente assente negli ultimi anni. A tal fine, in considerazione dei risultati positivi ottenuti dall’attività svolta dall’Osservatorio chimico nazionale anche nel raccordo con gli Osservatori territoriali, sarebbe importante ripristinarne l’operatività.

In assenza di un quadro di politica industriale per il settore, si rifiutano vertenze per aziende in dismissione, ma si guarda invece a creare un’ancora più solida rete di relazioni, progetti concreti per ripartire a pieno ritmo, per innovare ed investire. Protagonisti i territori, le proprie aziende, le proprie forze sociale, i propri amministratori. E le proposte, da portare ai tavoli del prossimo governo, sono:

1. Piani nazionali di sviluppo per la chimica e riattivazione e rilancio dell’Osservatorio chimico nazionale e degli Osservatori locali

2. Politica energetica per le imprese

3. Politiche fiscali per la crescita e l’occupazione (decreto startup)

4. Infrastrutture adeguate allo sviluppo delle attività economiche

5. Ricerca ed innovazione per produzioni sostenibile

6. Sviluppo dell’open data quale strumento per la coesione e condivisione nazionale

Gli amministratori (Sindaci, Presidenti di Provincia, Assessori) di:

Ferrara, Mantova, Ravenna, Marghera, Sassari, Terni, Brindisi,



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