In tal senso, per
quel che riguarda i fatti di rilievo politico ricorda anzitutto che, fin dall’ottobre
2008, l’allora Ministro Prestigiacomo aveva assunto precisi impegni davanti
alla VIII Commissione circa il contenuto dell’autorizzazione integrata
ambientale, già allora all’esame del suo dicastero, ma rilasciata, con grave
ritardo, solo nell’agosto del 2011. Incidentalmente, inoltre, ricorda che in
quell’occasione egli stesso aveva chiesto, senza alcun risultato, al Ministro
Prestigiacomo di smentire la fondatezza delle
notizie di stampa che riferivano di incontri in sede istruttoria che vedevano
coinvolti i vertici dell’ILVA e, al tempo stesso, escludevano gli organismi di
controllo ambientale operanti sul territorio.
Sottolinea, quindi, la
gravità della successiva iniziativa normativa assunta dal Ministro
Prestigiacomo che, modificando la normativa allora in vigore, ha consentito, in
modo inaccettabile, di differire fino al 31 dicembre 2012 l’obbligo per le
aziende coinvolte – e, in primis,
per l’ILVA di Taranto – di non superare il valore di 1 nanogrammo (miliardesimo
di grammo) per metro cubo nelle emissioni di benzo(a)pirene. Al riguardo,
denuncia altresì il fatto che una risoluzione, da lui stesso presentata insieme
alla collega Zamparutti, per ripristinare la previgente normativa venne
respinta dalla Commissione grazie al voto dell’allora maggioranza par-
lamentare, a seguito dell’espressione di un parere contrario del Ministero dell’ambiente
sulla medesima risoluzione.
Quanto ai fatti di
rilievo giudiziario che oggi vanno tenuti ben presenti, ricorda anzitutto che i
primi provvedimenti giudiziari e le prime sentenze sul caso ILVA, sui danni
provocati all’ambiente e alla salute dei cittadini risalgono al 1982, quando la
magistratura tarantina emise le prime condanne nei confronti dell’ITAL- SIDER,
allora proprietaria dello stabili- mento siderurgico di quella città. Ricorda,
inoltre, che da allora più volte l’autorità giudiziaria è intervenuta e che gli
atti e i provvedimenti della magistratura sono rimasti privi di conseguenze
relativamente alla bonifica delle aree inquinate e alla tutela dell’ambiente e
della salute dei cit- tadini. Sottolinea come le vicende giudiziarie richiamate
costituiscano gli antefatti dei recenti provvedimenti di sequestro di cui oggi
si parla e dei quali anche il decreto-legge in esame si occupa.
Alessandro BRATTI (PD), richiamando quanto già detto prima della sospensione della seduta e in considerazione della ristrettezza dei tempi a disposizione delle Commissioni per l’esame del provvedi- mento in titolo, conclude la breve ricostruzione della vicenda dell’ILVA, sottolineando due dati a suo avviso entrambi gravi e inaccettabili: il primo riguarda il fatto che la proprietà dello stabilimento, compresa quella attuale, non ha mai in- teso adempiere alle prescrizioni contenute nei provvedimenti emessi nel corso dei decenni dalla magistratura; il secondo riguarda la circostanza che per tutta la legislatura in corso, la politica, e più precisamente il Ministero dell’ambiente e il Governo Berlusconi non hanno mai voluto affrontare seriamente la questione dell’ILVA, della bonifica dei siti inquinati, della ambientalizzazione e della riqualificazione del territorio della città di Taranto.
Avviandosi, quindi, alla conclusione, passa a enucleare le principali criticità con- tenute nel decreto-legge in esame, soffermandosi in particolare su quattro aspetti, il primo dei quali relativo al fatto che in tale provvedimento d’urgenza mancano del tutto misure dirette a salvaguardare per l’oggi e per il futuro la salute dei cittadini di Taranto, a partire da uno scrupoloso screening della popolazione, unanimemente invocato sul territorio quale misura indispensabile sotto il profilo sia della prevenzione che della mitigazione del rischio sanitario. In secondo luogo sottolinea come nel decreto-legge non sia stato ancora raggiunto un punto di equilibrio nel rapporto fra auto- rità di governo e autorità giudiziaria, e come occorra fare ogni sforzo per evitare che il provvedimento in esame finisca per diventare, al di là delle intenzioni, un pericoloso precedente.
In terzo luogo critica la definizione poco chiara della struttura e delle competenze della figura del Garante che si sommano a un insufficiente grado di coinvolgimento degli organismi di controllo ambientale, a partire dall’ARPA regionale. Infine, osserva che le sanzioni previste in caso di mancato rispetto delle prescrizioni dell’AIA da parte della proprietà dello stabilimento, a fronte del pessimo comportamento fin qui tenuto dalla stessa, debbano essere graduate in modo più stringente se davvero si vuole conservare un sufficiente ed accettabile grado di effettività e di efficacia.
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