12/12/09

Il clima a Copenhagen dopo il quinto giorno di negoziati

I negoziati di Copenhagen sono entrati nel vivo. Tra moltissime iniziative laterali, incontri, seminari i 34000 delegati stanno seguendo quello che è considerato il summit del secolo.
Il mio sito preferito per seguire i negoziati di COP15 è twitter, ma segnalo anche l’ottimo Guardian
Ecologiae riporta il riassunto del quinto giorno che trovate anche di seguito, per avere una idea di come stanno procedendo i negoziati..
Ed oggi è stato il giorno dei black bloc. 400 arresti. Finora le proteste, tra Greenpeace, diverse associazioni ambientaliste e animaliste e privati cittadini, si erano svolte tutte nel massimo della civiltà.



Il summit di Copenaghen comincia a decollare. Grazie alla collaborazione del Parlamento di Bruxelles che ha fornito un grosso aiuto al vertice, si può dire che il congresso è finalmente incanalato verso la strada giusta dell’accordo. Anche se ancora bisognerà lavorarci su.

La mano è venuta prima di tutto sull’accordo sul taglio delle emissioni. Il Parlamento Europeo ha per ora bocciato l’ipotesi del “ritorno al vecchio”, e cioè il taglio del 20% entro il 2020, e ha lasciato come unico obiettivo il 30%, come voluto dalla Francia. E’ ancora poco per i Paesi poveri che chiedono almeno il 40%, ma vista la situazione attuale crediamo sia sufficiente. Il secondo spunto arriva dal lato economico: i Paesi europei hanno deciso volontariamente quanto stanziare per il fondo comune da destinare ai Paesi in via di sviluppo. Ieri la Francia chiedeva di raccogliere almeno 1,8 miliardi di euro all’anno fino al 2012. La Svezia 2 miliardi. Alla fine la generosità dei Paesi europei è arrivata a contare ben 2,4 miliardi di euro, meglio del previsto.

L’Italia farà la sua parte, e ha promesso 200 milioni all’anno. Un contributo “generoso” ha dichiarato il Premier Silvio Berlusconi. Peccato che Francia e Gran Bretagna abbiano promesso insieme di stanziare 1,66 miliardi di euro, 4 volte a testa rispetto all’Italia, ed il nostro contributo sarà leggermente superiore a quello degli Stati dell’Est come Lettonia, Bulgaria ed Ungheria, e persino la disastrata Grecia sull’orlo del fallimento
Unica voce fuori dal coro è stata quella della Russia, che attraverso Aleksandr Bedritski, consigliere presidenziale responsabile dei cambiamenti climatici, ha fatto sapere che il suo Paese non ha intenzione di danneggiare la propria economia per tagliare le emissioni. Per fortuna finora non sembra seguirlo nessuno, visto che gli Stati Uniti sembrano orientati verso un nuovo aumento del limite del taglio di emissioni, e la Cina ha effettuato una nuova apertura.

Stavolta si parla del taglio al 2050, il taglio “finale” che dovrebbe chiudere definitivamente ogni problematica sugli stravolgimenti climatici. L’Onu, dopo diversi dibattiti che hanno visto i Paesi ricchi e poveri letteralmente “accapigliarsi” tra chi voleva il taglio delle emissioni al 50% e chi lo voleva al 95%, ha chiesto che i Paesi ricchi taglino le proprie emissioni tra il 75 ed il 95% rispetto ai livelli del 1990, mentre i Paesi poveri potranno fermarsi al 50%.
Un punto su cui tutti concordano però c’è, e cioè che l’innalzamento delle temperature non dovrà superare i due gradi, ma ora il nuovo obiettivo sarà far alzare la colonnina di mercurio fino ad 1,5, come chiedono i Paesi insulari, i quali sarebbero i primi ad essere danneggiati perché, con l’innalzamento dei livelli dei mari, rischierebbero di scomparire.

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