Presentato il 6 novembre a Torino Liberi dall'amianto il dossier di Legambiente sui ritardi nelle bonifiche dei siti nazionali.
"C’è quello naturale che emerge in superficie e giace all’aria aperta nelle miniere o nelle cave abbandonate da almeno vent’anni, quello grezzo contenuto in sacchi spesso malandati e stoccati nei magazzini o nei piazzali degli stabilimenti produttivi e quello miscelato con il cemento nella classica ondulina dei tetti e nelle tamponature degli edifici industriali o domestici realizzati negli anni ’70 e ’80 e presente diffusamente in tutta Italia. Sono davvero tante le forme in cui si manifesta l’amianto nel nostro Paese,"
I siti individuati dal piano nazionale, e non ancora bonificati sono: Balangero (To), Emarese (Ao) con 5.000 metri cubi di materiale da bonificare, Broni (Pv), Bari con 90.000 metri cubi di terreno contaminato, Contrada Targia- Siracusa, dove i lavori di rimozione e bonifica dell’amianto interessano scogliere e fondali.
Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente, ha evidenziato, a tal proposito: “Nonostante l’urgenza sanitaria le bonifiche vanno a rilento, grazie anche all’inefficiente gestione da parte del Ministero dell’Ambiente delle conferenze dei servizi per la valutazione e autorizzazione dei piani e dei progetti per la bonifica. Bisogna spostare la gestione dell’iter in ambito locale, presso le Regioni o i Comuni, assicurando al Ministero e agli enti tecnici nazionali il compito di supportare, verificare e indirizzare il procedimento, garantendo ai cittadini trasparenza e disponibilità delle informazioni sullo stato di avanzamento del risanamento ambientale“.
Qui potete scaricare il dossier
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