L'intervento in Aula dell'On. Fontanelli:
Signor Presidente, colleghi, noi consideriamo grave la decisione di blindare nel lavoro della Camera questo provvedimento e poi il ricorso all'ennesima fiducia, come avviene oggi, la ventiseiesima. Una fiducia solo in apparenza dettata da necessità e urgenza, ma più esattamente dettata dal pressappochismo e dallo stato confusionale in cui versa la maggioranza di Governo. Sì, onorevoli colleghi, non si spiega altrimenti questa ennesima forzatura delle regole, questo continuo stravolgimento delle prassi e delle procedure legislative, questo uso reiterato e compulsivo della decretazione d'urgenza. C'è qualcosa che non funziona nei rapporti tra il Parlamento e il Governo. Dobbiamo renderci conto che non solo l'istituzione che rappresentiamo ma tutti noi, come singoli e come parlamentari di maggioranza e di opposizione, senza alcuna distinzione, usciamo diminuiti e umiliati da una situazione di questo genere. Ci è parso di cogliere segni di questa resipiscenza anche in alcuni deputati della maggioranza ieri. Ebbene, vogliamo dire, senza spirito di parte, che ciò che sta avvenendo rappresenta l'umiliazione del Parlamento ed è anche l'umiliazione della stessa maggioranza parlamentare.
Di tutto questo malessere è espressione certo anche la dichiarazione di ieri del Presidente del Senato: il semplice fatto che la seconda carica dello Stato paventi elezioni anticipate è segno di una tensione sempre meno gestibile e sempre più insostenibile dentro alla maggioranza. Una tensione che si sviluppa sul piano delle differenze politiche che emergono ormai su temi importanti come la giustizia, il testamento biologico, l'immigrazione, nonché sulla vicenda della finanziaria come si è sviluppata al Senato; anche sulle risposte da dare alla crisi abbiamo visto notevoli differenze.
Siamo di fronte ad un malessere reale che deriva da una politica di scarso respiro riformatore da parte della maggioranza, dal rincorrere le cose giorno per giorno con gli occhi perennemente puntati sugli spot propagandistici. Un malessere che, con il ricorso alla fiducia, si cerca di nascondere; un malessere che comunque produce una grave incertezza.
Proprio questa grave incertezza politica che vive il Paese è la ragione anche dell'imbarazzante e pericolosa incertezza legislativa che viviamo noi. Non si può affrontare la riforma dei servizi pubblici locali, un tema di importanza strategica per la modernizzazione del Paese, con un solo articolo incastonato dentro un decreto-legge che ha tutt'altra natura, tutt'altro oggetto e tutt'altre finalità. Noi qui denunciamo l'inganno di aver voluto inserire in un decreto sull'attuazione degli obblighi comunitari provvedimenti che niente hanno a che fare con gli obblighi comunitari. Noi avevamo proposto di stralciare l'articolo 15, quello che disciplina appunto i servizi pubblici locali, e avevamo dato la nostra parola per un'approvazione in tempi certi del restante decreto. Il Governo è stato sordo a questa nostra richiesta ed ecco oggi la ventiseiesima questione di fiducia.
Avremmo dovuto e potuto affrontare con la necessaria cura, il necessario studio e approfondimento, una riforma organica e puntuale del sistema dei servizi, una riforma collegata al riordino delle funzioni degli enti locali, alla definizione della Carta delle autonomie, più volte annunciata, e alla riorganizzazione delle funzioni stesse.
Avremmo dovuto e potuto, come Parlamento, svolgere un bel lavoro; invece, grazie alla fretta ed alla confusione del Governo ci troviamo di fronte ad un altro, l'ennesimo, pasticcio: un testo che deve correggere un altro testo, ossia la legge n. 133 del 2008 (così si è detto chiaramente), che anche allora giudicammo ispirata ad una ingiustificata fretta. Noi stiamo procedendo per progressive approssimazioni, per correzioni su correzioni, il Parlamento è obbligato ad approvare in tutta fretta testi sbagliati, testi confusi, testi contraddittori su cui poi bisogna ritornare.
È curioso che anche oggi, in sede di dichiarazione di voto, all'indomani della posizione della questione di fiducia da parte del Governo, esponenti della maggioranza, come ad esempio il vice capogruppo della Lega, Reguzzoni, dichiarino la volontà di rimettere le mani su questo stesso testo che oggi votiamo, con un apposito ordine del giorno perché già si evidenziano i limiti e le difficoltà di questo provvedimento. Siamo, quindi, al relativismo legislativo, signor Presidente: non c'è più niente di definitivo, tutto è provvisorio; lo Stato di diritto, nella certezza del suo fondamento, appare sempre più come la fotografia sbiadita e scolorita del tempo che fu.
Se lo scenario e il contesto politico è quello dell'incertezza, come ha autorevolmente scritto oggi su Il Corriere della sera un ben informato e ben quotato giornalista politico, noi non ci vogliamo sottrarre neppure ad una valutazione di merito del provvedimento, soprattutto dell'articolo 15, quello che tutti i cittadini conoscono come quello, perché viene così definito, della privatizzazione dell'acqua. Di questo testo noi denunciamo, innanzitutto, la parzialità: perché includere l'acqua, tenendo fuori l'elettricità, il gas, il trasporto ferroviario, le farmacie? Perché affrontare i servizi in modo così parziale? Perché questa approssimazione quando da tutti era stata riconosciuta, sia qui in Parlamento, sia fuori dal Parlamento, con le parti sociali, l'esigenza di una riforma organica, complessiva dell'insieme dei servizi pubblici?
E dire che proprio qui, in quest'Aula, a settembre abbiamo svolto una discussione importante, positiva su questo tema e tutti avevamo concordato, al di là delle differenze di valutazioni, sull'esigenza di una riforma organica del sistema dei servizi pubblici locali, ma così non è. A ben vedere, voi avete messo a tacere questa discussione e così facendo avete impedito un confronto reale, un confronto che puntasse ad un'effettiva liberalizzazione del sistema dei servizi pubblici locali in grado di aprire e costruire un mercato vero della concorrenza.
Tuttavia, a ben vedere, a voi la liberalizzazione non interessa, non è questo il centro del vostro provvedimento; a voi interessa solo la privatizzazione di settori quali i rifiuti, l'acqua, il trasporto su gomma, secondo una logica che non è quella del migliore e più efficiente servizio, ma quella del migliore e più facile utile o guadagno. L'effetto altamente probabile di questo provvedimento sarà quello di sostituire ai monopoli pubblici monopoli privati o, al meglio, monopoli misti, senza che questo produca o istituisca una qualche apertura dei mercati o l'avvio di una qualche positiva concorrenza, una migliore efficienza, una diminuzione degli sprechi che può invece venire da un vero processo di riforma.
Tutt'altra cosa era il disegno di liberalizzazione proposto dal Governo Prodi nella passata legislatura, era un altro progetto, che davvero puntava a favorire un processo di liberalizzazione. Non è così per il provvedimento in esame, che è parziale e, per di più, a differenza di quello di Prodi, contiene all'interno il tema delle risorse idriche, un tema che giustamente il disegno di legge presentato dal Governo Prodi escludeva. Sì, onorevoli colleghi, lo escludeva, perché i servizi, infatti, non sono tutti uguali, non possono essere trattati tutti in maniera uniforme: l'acqua è un servizio primario, essenziale, vitale, è una risorsa scarsa di cui bisogna avere cura, bisogna averne un consumo efficiente ed evitarne lo spreco.
Noi sappiamo che oggi c'è uno spreco enorme, che gli acquedotti perdono più del 30 per cento del loro carico, oggi c'è un'inefficienza insostenibile. Questo problema per essere risolto ha bisogno di una forte programmazione e di un serio impianto di investimenti. Credete davvero che questo deficit di investimenti potrà essere risolto con la privatizzazione?
Non a caso sui giornali già si parla delle tariffe, che saranno il vero incremento prodotto da questo decreto-legge. Ecco perché noi pensiamo che sia stata una scelta miope e limitata quella di volere negare la nostra richiesta di stralciare l'articolo 15 e di affrontare un confronto e una discussione per una riforma a tutto tondo e davvero organica del sistema dei servizi. In questo contesto appare evidente anche la scelta di non guardare tanto all'esigenza e ai problemi posti dagli enti locali che sembrano e appaiono mortificati e indeboliti da questo provvedimento.
Da tutto quanto detto, appare chiaro che la nostra non è una posizione ideologica né per un verso, né per un altro: noi non siamo fondamentalisti del pubblico come non siamo fondamentalisti del privato. Vogliamo essere persone di buonsenso e lungimiranti, soprattutto quando si parla di beni comuni fondamentali per la vita e la qualità della vita di tutti.
La nostra stella polare è e deve essere l'interesse dei cittadini. In conclusione, nel ribadire che noi votiamo «no» alla fiducia del Governo, invitiamo i colleghi della maggioranza a risolvere la diatriba di queste ore (dagli ammonimenti del Presidente Schifani al titolo de Il Giornale di questa mattina) che sta dividendo la maggioranza e tiene il Paese con il fiato sospeso. Votate «no» alla fiducia, così potrete regolare i vostri conti; votate «no» perché si tratta soprattutto di un provvedimento sbagliato e nocivo per i bilanci delle famiglie italiane.
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