Immaginazione, reti sociali, onestà intellettuale, apprendimento, amore. Sono cinque strumenti fondamentali che devono essere alla base della nostra capacità di voltare pagina verso un nuovo modello di sviluppo. Così termina la bella lezione del direttore scientifico di Wwf Italia, Gianfranco Bologna pubblicata oggi su greenreport.it e che potete leggere di seguito.
La drammatica crisi finanziaria ed economica che attanaglia il mondo nasconde una grave crisi ambientale che è ormai molto chiara a tutti coloro che quotidianamente fanno ricerca sulle scienze del Sistema terra (Earth system sciences). In questo straordinario ambito di avanzamento scientifico che costituisce la vera base della sostenibilità, si studia la variabilità dei sistemi naturali e la variabilità indotta dall’intervento umano. Gli studiosi delle scienze del Sistema terra cercano di analizzare le interrelazioni presenti tra le varie grandi sfere nelle quali “dividiamo” artificialmente il nostro splendido pianeta: la sfera dell’aria (atmosfera), la sfera dell’acqua (idrosfera), la sfera del suolo o della terra (pedosfera o geosfera), la sfera della vita (biosfera) e la sfera delle nostre società (sociosfera, antroposfera o tecnosfera).
Il quadro che emerge dalle ormai sempre più avanzate ricerche in questi campi è evidente anche se l’industria professionale del negazionismo mira, con tutti gli ampi mezzi economici a disposizione, a contestarla.
Esistono straordinari ed affascinanti sforzi della comunità scientifica internazionale destinati alla nostra migliore comprensione dei meccanismi di funzionamento del Sistema terra ed all’analisi dell’impatto del nostro ruolo: basti pensare all’Earth system science partnership (Essp) che riunisce i quattro maggiori programmi internazionali di ricerca sui vari aspetti delle scienze del Sistema terra, tutti patrocinati dall’International council for science (Icsu, vedasi l’interessantissimo sito internet http://www.essp.org che riunisce una quantità di notizie, informazioni, documentazioni, newsletter sulle ricerche effettuate e sui dati raccolti sul Sistema terra), nonché agli sforzi di coordinamento delle ricerche che utilizzano i satelliti da telerilevamento, come il Global earth observing system of systems (Geoss) che ha recentemente elaborato un piano scientifico per tali ricerche per i prossimi dieci anni. (Vedasi il sito internet http://www.earthobservations.org ed anche http://www.epa/gov/geoss).
Ormai la comunità scientifica internazionale ha acquisito una massa di dati imponente sul drammatico effetto che la specie umana sta provocando al funzionamento ed alla variabilità naturale degli ecosistemi della Terra.
Sta inoltre facendo propria la proposta del premio Nobel per la Chimica, Paul Crutzen, di definire l’attuale periodo geologico (una vera inezia negli oltre 4,6 miliardi di anni nei quali viene valutata l’esistenza del nostro pianeta) Antropocene, a dimostrazione delle prove schiaccianti che la conoscenza scientifica sul ruolo preminente di trasformazione della dinamica del nostro pianeta esercitato dalla nostra specie, su scala spaziale globale e su scala temporale estremamente ristretta rispetto ai tempi geologici.
Crutzen scrive: ”Certe epoche geologiche sono caratterizzate dai resti di fossili di specie scomparse, l’Antropocene è contraddistinto dalla specie diventata determinante per gli equilibri della Terra e del clima. […] abbiamo una certezza: il nostro impatto sull’ambiente crescerà. Salvo catastrofi impreviste – e che nessuno si augura – la popolazione mondiale aumenterà ancora e le sue attività agricole e industriali occuperanno aree sempre più vaste. Nell’Antropocene siamo noi il singolo fattore che più incide sul cambiamento del clima e della superficie terrestre. Non possiamo tornare indietro. Possiamo però studiare il processo di trasformazione in atto, imparare a controllarlo e tentare di gestirlo.” (Crutzen P. J., 2005 – Benvenuti nell’Antropocene ! – Mondatori editore).
Lo scorso anno si è celebrato il 100° anniversario della nascita di Aurelio Peccei, figura dalle straordinarie qualità umane ed intellettuali, fondatore e presidente di quel forum internazionale di menti eccellenti dedite a comprendere il nostro futuro, il Club di Roma del quale, sempre lo scorso anno, si è celebrato il 40° anniversario. Nel 1972, proprio l’anno della conferenza di Stoccolma, il Club di Roma aveva reso noto lo straordinario rapporto “Limits to Growth” realizzato dal gruppo coordinato da Dennis Meadows al prestigioso Massachusetts Institute of Technology (MIT) nell’ambito del System Dynamics Group , diretto da Jay Forrester, uno dei maggiori esperti mondiali di analisi dei sistemi.
Il rapporto costituì la prima applicazione di un modello computerizzato per analizzare l’andamento di 5 variabili fondamentali per le società umane (risorse, alimenti, popolazione, prodotto industriale e inquinamento) nell’intero pianeta, fino al 2100. Il rapporto ebbe un successo enorme ma fu anche molto criticato per la sua lucida analisi e forte messa in discussione dell’economia e dell’etica della crescita.
Infatti al di là del modello, i dati e le considerazioni di fondo del rapporto dimostravano un’impossibilità del perseguimento di una continua crescita materiale e quantitativa dell’economia umana in un mondo dai chiari limiti biofisici. Dennis Meadows, la compianta Donella Meadows e Jorgen Randers hanno poi pubblicato altri due rapporti per aggiornare, nel tempo, quello del 1972 e le analisi e gli scenari di allora, aggiornati allo stato attuale delle conoscenze, hanno trovato, purtroppo, drammatica conferma.
[cfr. Meadows D. H., Meadows D. L., Randers J. e Behrens III W. W., 1972 – The Limits to Growth – Universe Books (ed. it., 1972 – I limiti dello sviluppo – Mondadori).
Meadows D. H., Meadows D.L., Randers J., 1992 – Beyond the Limits – Chelsea Green Publishing Company (ed. it., 1993 – Oltre I limiti dello sviluppo – Il Saggiatore).
Meadows D. H., Meadows D. L., Randers J., 2004 – Limits to Growth . The 30-Year Update - Chelsea Green Publishing Company (ed. it. – I nuovi limiti dello sviluppo – Mondadori)].
Tutti i dati scientifici a nostra disposizione, come abbiamo già detto in precedenza, ci indicano che ormai è assolutamente necessario voltare pagina ed imboccare strade alternative che non perseguano più la crescita materiale e quantitativa come obiettivo finale.
Il grande bioeconomista Herman Daly, uno dei fondatori dell’economia ecologica Vedasi il sito dell’International society for ecological economics (Isee, http://www.ecoeco.org), ha scritto in uno testo intitolato proprio Beyond Growth (Daly H. E., 1996 – Beyond Growth. The Economics of Sustainable Development – Beacon Press (ed. it., 2001 – Oltre la crescita. L’economia dello sviluppo sostenibile – Edizioni di Comunità): “Il concetto di ´crescita sostenibile´ intende negare la necessità di trasformazioni così radicali, e suggerire che la crescita può rimanere l’obiettivo primario, purchè divenga un po’ più environmental friendly. Quello della crescita sostenibile non è che un altro aggiustamento alla visione tradizionale. Lo sviluppo sostenibile costituisce invece un’alternativa all’ideologia della crescita, ed è incompatibile con essa. Uno sviluppo sostenibile, uno sviluppo senza crescita, non implica la fine delle scienze economiche – al contrario, l’economia come disciplina diviene ancor più importante. Ma è l’economia raffinata e complessa del mantenimento, del miglioramento qualitativo, della condivisione, della frugalità, e dell’adattamento ai limiti naturali. E’un’economia del “meglio”, non del “più grande”.
Nell’ultimo volume della serie sui limiti della crescita, Dennis Meadows, Donella Meadows e Jorgen Randers, parlando degli strumenti per la transizione verso la sostenibilità, scrivono :”E’ impossibile descrivere oggi il mondo che potrebbe nascere da una rivoluzione della sostenibilità, così come lo sarebbe stato, per i contadini del 6.000 a.C. prevedere i campi di soia e di granturco dello Iowa dei giorni nostri, o, per un minatore inglese dell’Ottocento, immaginare una catena di montaggio automatizzata della Toyota. Al pari di altre grandi rivoluzioni, anche l’imminente rivoluzione della sostenibilità cambierà la faccia della Terra e le fondamenta delle identità, delle istituzioni e delle culture umane. Come è stato per le rivoluzioni che l’hanno preceduta, ci vorranno secoli prima che essa si dispieghi appieno, benché sia già in atto. Ovviamente, nessuno sa che cosa bisogna fare per compiere una rivoluzione siffatta. Non vi è una ricetta :”Per attuare un mutamento globale di paradigma, seguire attentamente queste regole”.
"Come tutte le rivoluzioni che l’hanno preceduta, neanche questa può essere pianificata o imposta da chicchessia. Non obbedirà ai decreti di questo o quel governo, né ai proclami di chi costruisce modelli al calcolatore. La rivoluzione della sostenibilità sarà organica: scaturirà dall’immaginazione, dall’intuizione, dagli esperimenti e dalle azioni di miliardi di individui. L’onere di tradurla in realtà non ricade sulle spalle di una singola persona o di un gruppo particolare. Nessuno ne avrà il merito, ma a tutti è dato contribuire.”
Gli autori hanno indicato cinque strumenti che sono stati loro di aiuto nell’analizzare la situazione e nel cercare soluzioni di sostenibilità in più di trent’anni che si occupano di questi temi e sono: immaginazione, reti sociali, onestà intellettuale, apprendimento, amore. Sono cinque strumenti fondamentali che devono essere alla base della nostra capacità di voltare pagina verso un nuovo modello di sviluppo.
Approfondimenti:
Essp.org
Earthobservations.org
Geoss
Isee
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